Regista e produttore, cofondatore e direttore artistico del Teatro polacco di Mosca fino al 2014 (quando ha lasciato l’incarico per protestare contro la politica russa in Ucraina), direttore principale dell’Odessa National Opera House, Eugene Lavrenchuk il 17 dicembre è stato arrestato a Napoli: il suo volo da Tel Aviv a Kiev faceva scalo in città e, a causa di un ritardo, si era fermato in un b&b. Attraverso il sistema Interpol arriva l’allerta alla polizia che lo arresta in esecuzione del mandato di cattura emesso dalla Federazione Russa, l’accusa è «frode su larga scala».

Fino al 20 gennaio è stato recluso nel carcere di Poggioreale, poi ai domiciliari ad Avellino e, finalmente, giovedì scorso liberato: rigettata la richiesta di estradizione in Russia. A ricostruire la sua odissea è stato il deputato e presidente di Più Europa, Riccardo Magi, in un’interrogazione parlamentare: «Durante l’audizione successiva all’arresto, Lavrenchuk ha dichiarato di essere vittima di una persecuzione politica per la sua posizione sull’occupazione della Crimea. Il segretariato generale Interpol ha poi comunicato che i dati inseriti nel sistema di ricerche internazionali da parte della Russia non risultavano conformi allo statuto Interpol, le informazioni su Lavrenchuk cancellate».

La verità è quindi venuta fuori: «Per la sua notorietà e le posizioni espresse sul conflitto tra Russia e Ucraina – spiega Magi – Lavrenchuk è stato già oggetto di pressioni e minacce; quando ancora risiedeva in Russia, ha ricevuto dal Comitato degli anziani (organo consultivo del sindaco ndr) della città di Tomsk accuse di “propaganda sull’omosessualità”, condotta vietata in Russia da una legge del 2013; dall’inizio delle ostilità in Crimea, ha dovuto abbandonare la Russia a causa delle pressioni subite per non aver voluto assumere una posizione in favore dell’occupazione russa».

E il mandato Interpol da cui è partito tutto? «La cancellazione dell’iscrizione è un indizio grave della strumentalità della domanda di arresto – conclude Magi -. L’abuso delle Red notices da parte di regimi autoritari è un tema sul quale le organizzazioni per i diritti umani hanno lanciato l’allarme. La Russia è il paese che più si avvale dello strumento della segnalazione Interpol dei ricercati, il 38% delle domande complessive».