Giorgia Meloni ha sostenuto che quello messo in scena al vertice di Roma è un «confronto tra pari». Al contrario, Angelo Bonelli, portavoce di Europa verde e deputato di Avs considera il cosiddetto «Piano Mattei» alla stregua di un disegno neocoloniale.

Come mai secondo lei non siamo davanti a un dialogo paritario?
Si tratta di una dichiarazione di profonda ipocrisia. Il vero obiettivo di questa «conferenza che ho battezzato «Eni Meloni», perché è così bisogna chiamarla, sta nelle stesse dichiarazioni della premier. La presidente del consiglio ha detto che in questa occasione porterà la sua visione sul futuro dell’Africa. Ma il futuro dell’Africa devono decidere africani, non la presidente del consiglio dell’Italia.

Avete definito questo atteggiamento come un meccanismo «predatorio».
L’amministratore delegato di Eni, vero ministro degli esteri per l’Africa, ha detto al Financial Times: loro hanno l’energia e noi no. La vera missione è dunque prendere il gas e far diventare l’Africa un grande gasdotto. E trasformare paesi come il Congo e il Ruanda insieme a tutto il Centro Africa in coltivazioni estensive di bio-carburante. Non cambia nulla rispetto a quello che hanno fatto i paesi occidentali per tutto il secolo scorso.

Sembra inoltre sparito, al contrario, ogni tipo di riferimento alla cooperazione allo sviluppo.
Quella voce non solo viene cancellata, viene del tutto demolita. L’obiettivo di raggiungere lo 0,7 % del Pil in cooperazione entro il 2030 non sta neanche più nel libro dei sogni: siamo fermi allo 0,27%. Nella legge di bilancio hanno tagliato 50 milioni di euro sui progetti di cooperazione e pace.

E che ne è della questione del debito?
Altra cosa del tutto rimossa. Il tema gigantesco del debito estero e della sua cancellazione: fu una battaglia dei movimenti. L’ammontare di questo debito per tutti i paesi africani supera i 1300 miliardi di dollari. Nel 2019 questi stessi paesi hanno speso più soldi per pagare gli interessi su questo debito di quanto abbiano investito in sanità pubblica. Questo è un vero disastro ma nessuno se ne preoccupa più. Per non parlare degli obiettivi climatici: si punta a nuovi giacimenti e ai combustibili fossili.

Altra omissione vistosa: praticamente non si parla neppure di ambiente. Come mai?
Mettono sul piatto tre miliardi di fondi per il clima per andare a prender energia e fermare flussi migratori. Tutto ciò è inaccettabile. Oltretutto, all’Africa andrebbe riconosciuto anche un debito ecologico. Si pensi agli ogoni che vivono nel delta del Niger, dove le sette sorelle, Eni compresa, sfruttano i giacimenti di petrolio: loro non hanno neanche la luce dentro casa.

Eppure la retorica di Meloni sostiene che è finito l’assistenzialismo, che darà all’Africa la possibilità di decidere il proprio destino…
Di che assistenzialismo parliamo? Neanche quello è stato fatto. Se fosse fatta assistenza umanitaria sarebbe stato utile. La comunità internazionale si è dimenticata della carestia e dei morti per fame nel Centro Africa. Oggi l’Italia decide di entrare in affari, prova a mettere il cappello sui giacimenti di gas, come in Mozambico e Angola. E nel frattempo abbiamo paesi come il Ghana, lo Zambia e l’Eritrea che sono al default.

In tutto ciò il Senato è occupato dall’evento, è diventato zona rossa. È la rappresentazione di un deficit democratico?
Quello che ritengo più grave, da questo punto di vista, è che anche la società civile africana sia stata esclusa, assieme ai sindacati e alla diaspora africana. Come Alleanza Verdi Sinistra, con un emendamento abbiamo proposto che esponenti della società civile potessero dire la loro, ma è evidente che si vuole escludere questa forma di partecipazione.

Cosa farete adesso, di fronte a tutto ciò?
Per cominciare, gli investimenti che vorranno fare vanno monitorati. Per questo vogliamo dar vita insieme ai movimenti a un osservatorio di controllo su quello che farà la cabina di regia sull’Africa.