Dure le critiche da parte delle organizzazioni umanitarie e per i diritti umani al disegno di legge intitolato «Protezione internazionale e altre disposizioni», fortemente voluto dal premier greco Mitsotakis. Secondo Unhcr «il progetto di legge sull’asilo viola il diritto internazionale, comunitario e nazionale ed espone migliaia di richiedenti asilo e rifugiati, la maggior parte dei quali sono donne e bambini, ad alto rischio».

In un momento in cui sulle isole sono circa in 36mila a rischio sanitario, anziché trovare soluzioni e far fronte alla crisi umanitaria ormai esplosiva, la legge mette ancora più a repentaglio la salute delle persone. A denunciarlo è Medici Senza Frontiere: «Siamo profondamente preoccupati per le implicazioni di questa nuova legge per la salute medica e mentale dei pazienti di Msf in Grecia, e in particolare dei più vulnerabili come le vittime di torture e i pazienti con gravi problemi di salute medica e mentale. Questa legge non solo non risponde alle loro esigenze mediche, ma riduce anche le loro già limitate possibilità di accedere a cure mediche specializzate».

Viene eliminata la categoria di chi è affetto da Ptsd – post traumatic stress desorder – un disagio che si presenta in vari tipi di traumi e possono essere colpiti anche coloro i quali sono stati vittime di tortura o violenze di vario tipo. «Non riconoscere questo tipo di problema, significa non fornire a quei pazienti le cure adeguate e specialistiche di cui hanno bisogno. Significa non riconoscerli più come soggetti vulnerabili e quindi non permettere loro l’accesso a cure adeguate creando ulteriori fragilità» commenta Andrea Contenta, responsabile affari umanitari di Msf. La legge reintroduce la procedura per la quale a certificare le persone che hanno subito torture possono essere solo i medici di istituti pubblici, in ospedali pubblici e militari, «in Grecia non c’è nessuna struttura stabile in grado di fare questo tipo di identificazione secondo gli standard internazionali per identificare le vittime di tortura. Se non vengono riconosciute come tali rischiano di non avere accesso a trattamenti specialistici o a delle cure o agevolazioni di cui avrebbero bisogno».

L’accelerazione delle procedure di asilo se da un lato poteva essere una soluzione per porre fine alle infinite attese di migliaia di richiedenti asilo bloccati sulle isole, in realtà non fa altro che ridurre il diritto alla richiesta.

Uno dei problemi principali sono gli ostacoli amministrativi che la nuova legge impone durante l’iter di richiesta, che si aggiungono alle numerose difficoltà nel portare a termine la procedura, con il rischio che questa non venga nemmeno esaminata. «Nel caso di diniego della richiesta di asilo in prima istanza, è molto difficile andare in appello – dice Alexandros Konstantinou, legale del Greek Council for Refugees. – Il ricorso dev’essere scritto da un legale e devono essere specificate le ragioni esatte per le quali si fa ricorso. Gli standard europei prevedono un certo numero di avvocati gratuiti per i richiedenti asilo, la Grecia ne ha solo 47 su tutto il territorio. La possibilità di poter far ricorso con un legale d’ufficio è solo del 20%, la maggior parte dei richiedenti non hanno possibilità di fare ricorso in appello, la richiesta d’asilo non viene riesaminata e si perde il diritto alla protezione».

Un altro aspetto molto controverso è l’incremento dei mesi detenzione che passano da 3 a 18 quando si è in attesa dell’esito della richiesta di asilo, ai quali si aggiungono altri 18 mesi extra nel caso in cui la richiesta dovesse essere negata e il richiedente rimane in attesa di essere ‘deportato’. «La nuova legge non si occupa della situazione nelle isole – commenta Konstantinou – ma esporrà solo al rischio reale di rimpatrio persone che hanno un evidente bisogno di protezione internazionale, senza che la loro domanda possa essere adeguatamente esaminata. Ciò significa che queste persone non hanno in pratica il diritto all’asilo».