Il 10 gennaio 2020 a tarda sera l’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo ha respinto il governo proposto da Habib Jemli, primo ministro indicato dal partito islamista Ennahdha.

I 134 deputati hanno votato contro il governo, mentre solo 72 hanno votato a favore. Solo i deputati del partito Ennahdha (ad eccezione di Zied Laadhari) e la coalizione di Al Karama ( islamismo radicale ) hanno votato a favore del governo. Tre parlamentari si sono astenuti.

La fiducia al parlamento viene così rigettata dalla maggioranza progressista del parlamento e questo rappresenta il primo grande “schiaffo” subito dal partito islamista conservatore di Rached Ghannouchi dal 2011. Una grande sconfitta a livello nazionale ma soprattutto internazionale.

Dal 2011 l’estrema destra islamista di Ennahdha, ha perso più di un milione e cento mila voti e agli occhi degli elettori tunisini non è più un partito credibile a causa dei presunti scandali di corruzione e di partecipazione a due assassini politici di oppositori di sinistra.

I risultati economici e occupazionali negli anni in cui Ennahdha ha governato, sono stati catastrofici. Il defunto presidente della Repubblica tunisina, Beji Caid Essebsi, ricordava sempre ai suoi rivali ideologici che «la Tunisia aspira ad essere un paese del XXI secolo e non del medioevo».

Questo rifiuto dopo lunghi negoziati fino all’ultimo minuto spianerà la strada alla scelta di un nuovo primo ministro da parte del Presidente Kas Saied. Quest’ultimo, un social conservatore indipendente e molto critico nei confronti del sistema parlamentare, non ha un alleato naturale in aula.

Da questi risultati e dalle nuove alleanze democratiche e progressiste che si stanno progressivamente delineando al parlamento di Tunisi, ne risulta che ormai l’interlocutore dell’occidente e dell’Italia in particolare, non potrà più essere il movimento islamista. I governi che si sono succeduti in Italia, di sinistra come di destra hanno giocato la cattiva carta diplomatica in Tunisia e in tutto il nord Africa, credendo di poter raggiungere attraverso gli islamisti tunisini anche le fazioni libiche guidate da al-Sarraj, l’uomo imposto dall’Onu e da una parte della comunità internazionale, ma non di certo eletto dal popolo libico.

In vista di una possibile vittoria del Maresciallo Haftar in Libia, e della schiacciante sconfitta degli islamisti di Ennahdha in Tunisia, la diplomazia italiana e europea deve totalmente cambiare strategia, se non vuole ritrovarsi ancora ad essere esclusa dalla scena internazionale.

* Université de la Manouba