Inizia oggi, 5 dicembre, a Ginevra la Conferenza sul Sahara occidentale voluta dall’emissario Onu Horst Kohler e sostenuta dalla maggior parte dei paesi del Consiglio di sicurezza, dopo il recente prolungamento della missione di pace Minurso fino ad aprile 2019. L’incontro (5-6 dicembre) vedrà, per la prima volta dal 2012, allo stesso tavolo il Fronte Polisario e il Marocco, insieme ad Algeria e Mauritania come paesi osservatori, per avviare dei «colloqui diretti» che conducano «all’organizzazione di un referendum di autodeterminazione nei Territori Occupati» come indicato nella risoluzione Onu 2440 di fine ottobre.

Una conferenza che sembrava fino a pochi mesi fa irrealizzabile, visto che il Marocco si è sempre detto disponibile ad avviare colloqui indiretti, non riconoscendo l’autorità del Fronte Polisario, e ha sempre ribadito di voler concedere una sorta di autonomia del Sahara occidentale che non «comprometta l’integrità dei confini nazionali marocchini».

 

Brahim Ghali

 

Riguardo alle aspettative sulla conferenza, il manifesto ha intervistato il presidente della Rasd (Repubblica araba democratica Saharawi) e segretario generale del Fronte Polisario, Brahim Ghali.

Come giudica questa «tavola allargata»?

Dopo sei anni di tentativi dell’Onu di organizzare un ciclo di negoziati e il continuo rifiuto marocchino, occorre sottolineare l’importanza della conferenza di Ginevra. Il Marocco ha finalmente accettato di sedersi e parlare direttamente con il Fronte Polisario. Lo consideriamo un inizio, ma è ancora presto per parlare di svolta nella posizione marocchina. Valuteremo con i fatti.

Come viene valutata l’azione dell’emissario Horst Kohler in questo anno di attività?

Ha svolto un lavoro importante. I suoi tour e i relativi contatti con le due parti in conflitto, con i paesi osservatori e con gli attori internazionali delle Nazioni unite, dell’Ua e dell’Ue, così come la sua visita nelle aree occupate, sono segni di serietà e credibilità.

L’Onu ha recentemente condannato il Marocco per la continua violazione dei diritti dei prigionieri politici e delle associazioni saharawi, qual è la situazione all’interno dei Territori occupati dal Marocco?

Il comportamento repressivo e sistematico del governo marocchino aumenta quotidianamente e la situazione non è cambiata molto, nonostante le condanne e le relazioni delle diverse agenzie Onu e delle ong. La resistenza pacifica dei saharawi continua attraverso l’Intifada per l’Indipendenza. Rabat continua a mantenere un blocco militare nelle aree occupate del Sahara occidentale, dove le autorità di occupazione marocchine non cessano di commettere le più flagranti violazioni dei diritti umani contro civili indifesi, così come continua il massiccio saccheggio delle nostre risorse naturali. L’Onu e la comunità internazionale non hanno premuto abbastanza a questo riguardo, specialmente per il rilascio dei prigionieri politici saharawi nelle prigioni marocchine, in particolare quelli delle manifestazioni di Gdeim Izik (2010).

Qual è la situazione nei campi profughi, dopo il progressivo calo di aiuti umanitari?

I tagli agli aiuti umanitari incidono drammaticamente sulla situazione dei rifugiati soprattutto per quanto riguarda la salute e la nutrizione. La Mezzaluna rossa saharawi ha fatto appello alla comunità internazionale per evitare un aumento della crisi. Sfortunatamente, in molti casi, questo è un atteggiamento premeditato, con l’obiettivo di fare pressione sul nostro popolo per abbandonare la resistenza e la legittima lotta. Tuttavia, i saharawi rimangono fermi sul loro inalienabile diritto alla libertà, all’indipendenza e per il ritorno in una patria libera e sovrana. Paradossalmente, ciò accade nello stesso momento in cui alcuni paesi dell’Ue, in particolare Francia e Spagna, stanno cercando di fare pressioni su altri paesi per firmare accordi con il Marocco. Trattati che includono le aree occupate e, quindi, che mirano al saccheggio delle risorse naturali del nostro popolo, in contraddizione con le recenti sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea (Cgeu).

Qual è attualmente la strategia politica del Polisario per uscire dall’impasse politica?

La stessa di sempre: resistere e combattere con tutti i mezzi legittimi a nostra disposizione per raggiungere l’indipendenza. La lotta e la resistenza pacifica non si fermano. Ultimamente abbiamo sostenuto una battaglia legale, soprattutto per quanto riguarda le risorse naturali. La Cgeu ha adottato quattro pareri importanti, in meno di due anni, in cui chiarisce diversi punti: 1 – Marocco e Sahara occidentale sono due paesi distinti e separati; 2 – Il Marocco non gode di alcuna sovranità sul Sahara occidentale; 3 – È illegale sfruttare le risorse naturali del Sahara occidentale senza l’espresso consenso del popolo saharawi, attraverso il suo unico e legittimo rappresentante, il Fronte Polisario; 4 – La corte ha confermato l’inalienabile diritto del nostro popolo all’autodeterminazione. La Repubblica Saharawi continua ad assumersi i suoi doveri e le sue responsabilità a livello internazionale, soprattutto all’interno dell’Unione africana, come membro fondatore e legittimamente riconosciuto dai suoi paesi aderenti. Sosteniamo gli sforzi delle Nazioni unite e speriamo che il Consiglio di sicurezza adotti le misure necessarie per fare pressione sul Marocco, in maniera che partecipi ai colloqui diretti senza precondizioni.

Come giudica la presa di posizione degli Usa?

Al momento consideriamo positivo il fatto che gli Stati uniti difendano la riduzione del mandato del Minurso a sei mesi, anziché un anno, e insistano sul fatto che la missione Onu debba svolgere il suo lavoro che, come indica il nome, è l’organizzazione del referendum per l’autodeterminazione del popolo saharawi.

Viene prevista, in caso di immobilismo da parte di Rabat, anche l’opzione militare da parte del Fronte Polisario?

Non è quella che preferiamo e ci arriveremo solo se ci verrà imposta dal Marocco, come accadde il 31 ottobre 1975, data d’inizio dell’occupazione militare illegale di Rabat.