Dopo un’attesa di trentadue ore scandita da inquietanti offerte di strane bevande e misteriosi stuzzichini che il Mediatore si guardò bene dall’accettare, finalmente lo Zar si decise a ricevere il suo ospite venuto da occidente. Era, lo Zar, seduto al capo sud del tavolo in pietra lungo 167 metri (17 in più del vecchio tavolo in legno che durante il rigido inverno era stato riconvertito in legna da ardere), da dove indicò al Mediatore d’accomodarsi all’opposto capo nord.

L’incontro, fortemente osteggiato dai falchi delle due parti, aveva come oggetto la remota ipotesi del raggiungimento della pace. Assai remota, pensava il Mediatore, ma ancora possibile; ancora possibile, pensava lo Zar, ma assai remota. C’era quindi ancora un flebile spiraglio, ma pure un potente spiffero che dalla finestra senza vetri alle sue spalle, tormentava gelido l’eburnea nuca dell’anziano Mediatore che si guardava intorno in cerca di interpreti… interpreti? che interpreti e interpreti! lo Zar diffidava a tal punto di chi oltre al proprio conosceva -verbali o gestuali che fossero- altri linguaggi in uso presso gli occidentali, che i pochi interpreti superstiti si erano spontaneamente cuciti le labbra con crini di vacca e si nutrivano con sacche parenterali ricavate da pelli di capra.

La trattativa a distanza, fece intendere lo Zar snudando il villoso petto che prese a percuotersi con vigore, era quindi affidata a mosse e smorfie. Allora (non senza imbarazzo per via del suo fisico che stava a quello dello Zar come quello d’un babbuino a quello d’un orangu-tango), il Mediatore si mise pure lui a torso nudo, se lo percosse con un paio di colpetti per far vedere e andò dritto al punto, mimando con ampio gesto il lancio e la traiettoria d’un ordigno di distruzione di massa, seguiti da pietoso segno della croce disegnato nell’aria con indice e medio della mano destra. Lo Zar annuì: concordava che ricorrere all’arsenale della deterrenza portava dritti dritti alla Guerra Mondiale… ma non per questo era disposto a perderci il muso!

Squarciò l’aria con un urlo belluino e puntando con un bastone nodoso la grande carta geografica impressa su una pelle di vacca appesa alla parete, indicò le sette province che voleva tutte per lui. Ma come sette? il Mediatore fece di conto con la punta della lingua fuori da un angolo della bocca e mostrò allo Zar le tre dita di una mano: all’ultimo incontro le province rivendicate erano appunto tre, e ora… ora ne voleva quattro in più! Lo Zar esplose in una fragorosa risata e afferrato un rudimentale pallottoliere lo fracassò col suo bastone nodoso, poscia, scoprendo i denti prese a masticare una carota. Il messaggio è chiaro, pensò il Mediatore, a poco conta saper far di conto: una soluzione si troverà solo con bastone e carota.

Ma poi, quando lo Zar indicò col bastone altre nove provincie che gli garbavano, il Mediatore si domandò: questo il bastone, ok… e la carota? La risposta non si fece attendere, in quello stesso istante infatti, al tavolo degli stuzzichini fu servita una porchetta con la kippha sulla zucca, una svastica incisa sulla fronte e una grossa carota infilata su per le chiappe. Sembrava appetitosa ma il Mediatore si astenne dall’assaggiarla, mangiando piuttosto la foglia: il messaggio era più che chiaro; niente cessate il fuoco, niente tregua armata e nessun passaggio di guerra da calda a fredda.
Quel che lo Zar intendeva per pace era con tutta evidenza la resa incondizionata dei suoi vicini. E dato che da lui i vicini esigevano la stessa identica cosa, la guerra sarebbe andata per le lunghe.

Sia come sia, per evitare l’allargamento del conflitto, bisognava frenare l’escalation degli armamenti. Il Mediatore incise allora su una tavoletta di cera un elenco: a sinistra le armi difensive che era lecito usare, a destra quelle offensive che erano da vietare. Lo Zar parve annuire (o era un tic nervoso?), si fece portare la tavoletta e lesse la lista di sinistra: selci affilate, unghie, denti, mazze, pietre, bastoni, fionde, cerbottane… poi guardò l’altra lista dove un solo nome era stato vergato: catapulte.

Gli occhi gli s’iniettarono di sangue: la mia nuova arma segreta da vietare?! Col volto deformato dal tic nervoso lo Zar fece i 167 metri che lo dividevano dall’altro capo del tavolo in 16 secondi netti e afferrò il Mediatore per il collo. Strozzato che l’ebbe, grugnì che l’incontro era finito e ordinò di cremare la salma.

La quarta guerra mondiale era appena cominciata.