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La Cassazione: «Il processo Cucchi è da rifare, ma solo per i medici»

La Cassazione: «Il processo Cucchi è da rifare, ma solo per i medici»Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, con i legali

Giustizia Definitivamente prosciolti i tre poliziotti penitenziari e gli infermieri. Nella notte la decisione dei giudici sul ricorso della procura di Roma contro l’assoluzione degli imputati al processo d’Appello

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 16 dicembre 2015

Un nuovo processo per omicidio colposo a carico di cinque dei sei medici dell’ospedale Sandro Pertini assolti in Appello il 31 ottobre 2014, e conferma dell’assoluzione dei tre agenti di polizia penitenziaria e dei tre infermieri. E’ quanto ha deciso, in tarda serata, la Corte di Cassazione chiamata a pronunciarsi sull’assoluzione dei dodici imputati del processo per la morte di Stefano Cucchi.

I giudici della V Sezione penale hanno così accolto le richieste del procuratore generale Nello Rossi che nella sua requisitoria aveva seguito quasi totalmente le indicazioni contenute nel ricorso presentato dalla stessa procura di Roma. La quale parallelamente, a sei anni da quella morte, sotto la guida di Giuseppe Pignatone procede ora speditamente nell’inchiesta bis per fare luce sul «violentissimo pestaggio» a cui, sostengono i pm, Stefano Cucchi fu sottoposto «da parte di Carabinieri appartenenti al comando stazione di Roma Appia» (e in cinque sono così finiti sul registro degli indagati).

Non si può «mettere una pietra tombale sulle cause della morte di Stefano Cucchi»,  ha detto il pg Rossi davanti ai giudici di Piazza Cavour, perché si tratta di «un fatto di eccezionale gravità» visto che, dal momento del suo arresto e fino alla morte, l’allora 31enne romano arrestato per droga da una pattuglia di Carabinieri il 15 ottobre 2009 e deceduto una settimana dopo nel nosocomio romano «è sempre, dico sempre, stato nella custodia di uomini appartenenti a corpi dello Stato, che legittimamente lo avevano arrestato e ne avevano limitato la libertà ma che proprio in ragione di questo potere avevano l’assoluto dovere di custodirne l’integrità fisica e di rispettarne la dignità». E uno «Stato senza diritto è una banda di criminali».

La stessa famiglia Cucchi ha deciso di rinunciare al ricorso presso la Corte Suprema perché, come ha spiegato il loro avvocato Fabio Anselmo, «abbiamo piena fiducia nella procura di Roma». Un ricorso che comunque era stato presentato solo nei confronti dei tre poliziotti penitenziari (Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici), e dunque rigettato dal pg, in quanto con i medici era già intercorsa una transazione. «Sviluppi investigativi» che il pg Rossi ha assunto, ammettendo che «le violenze nei confronti di Stefano Cucchi indubitabilmente ci sono state» ma dando per scontato che «gli accertamenti compiuti sui tre agenti penitenziari non hanno portato a trovare responsabilità», e auspicando contemporaneamente «che i nuovi accertamenti facciano luce sulla parte ancora oscura e inesplicata di questa vicenda. Non si deve essere ciechi e sordi – ha aggiunto il pm – Su un caso umano e processuale già molto complicato, si innesta il fatto nuovo di un’indagine che riparte nei confronti di altri soggetti».

Per il procuratore generale della Cassazione però anche i referti dei medici sul giovane, che «pesava solo 34 chili», «devono essere considerati come un capitolo clamoroso della sciatteria e trascuratezza dell’assistenza riservata a Cucchi al Pertini». Infatti, «a fronte della estrema e vistosa magrezza del Cucchi al suo arrivo al Pertini (tale da costringere a praticargli le iniezioni di antidolorifico sul deltoide e con aghi più piccoli del normale) e delle sue condizioni di paziente fratturato e cateterizzato, all’esame obiettivo, eseguito dalla dottoressa Rosita Caponnetti poi assolta anche dal reato di falso ideologico perché ritenuta solo superficiale, il Cucchi risultava così descritto: “Condizioni generali buone, stato di nutrizione discreto, apparato muscolare tonico, apparato urogenitale con nulla da rilevare”».

Motivo per il quale deve essere considerata nulla la sentenza d’Appello che, ribaltando il primo grado, ha assolto in particolare i medici Aldo Fierro, Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis e Silvia Di Carlo, accusati di omicidio colposo dal pg di Roma Mario Remus che ha presentato il ricorso davanti alla Corte suprema.

«Dati come questi – osserva infatti il pg Nello Rossi – non possono semplicemente sparire o essere relegati in secondo piano nel ragionamento del giudice di Appello che nella sua motivazione deve farsi carico, se vuole ribaltare le conclusioni dei giudice di primo grado, di spiegare come possa essere ritenuta adeguata ed attenta l’accoglienza al Pertini». Invece, per gli altri sanitari assolti, tre infermieri e la dottoressa Caponetti, secondo il pg Rossi non sono stati presentati nel ricorso motivi validi per chiedere un nuovo processo, sebbene andava valutato meglio «anche il comportamento tenuto dalla Caponnetti anche nel valutare gli standard di assistenza forniti al Pertini».

Ilaria Cucchi da giorni trattiene le lacrime, e di nuovo freme attendendo la sentenza dei giudici di Piazza Cavour riuniti ancora, mentre andiamo in stampa, in camera di consiglio: «Sento per la prima volta parlare di “violentissimo pestaggio” e mi viene da chiedere cosa c’entra questo con la caduta nominata nella perizia. Qualcuno ci dovrebbe delle scuse».

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