«Il ritorno dell’estrema destra riguarda l’intera Europa, ma in nessun altro paese si vive un clima paragonabile a quello dell’Ungheria. Normalmente i governi cercano di arginare le attività dei gruppi fascisti, da noi invece le sostengono».

Vilmos Hanti sa bene ciò che dice, leader del Measz, l’Alleanza dei resistenti e degli antifascisti ungheresi, solo pochi mesi fa è stato aggredito per le strade di Budapest da una banda di neonazisti dopo che aveva denunciato per l’ennesima volta le connivenze tra gli estremisti e il governo ultraconservatore di Viktor Orbán. Ferito leggermente alla testa e agli occhi, Hanti, un ex insegnante cresciuto in una famiglia ebraica che ha preso parte alla Resistenza, non si è però fatto intimidire. Nei giorni scorsi ha partecipato a Roma a un incontro promosso dall’Anpi e dalla Fir, la Federazione internazionale dei resistenti che riunisce gli ex partigiani di tutto il continente, di cui è presidente, per fare il punto sullo stato dell’antifascismo europeo.

«Si deve agire prima che sia troppo tardi», ha sottolineato in quest’occasione Carlo Smuraglia, presidente dell’Anpi, annunciando anche nuove iniziative dell’associazione partigiana in vista delle elezioni europee.

Signor Hanti, quali sono i punti di contatto tra il governo di Budapest e l’estrema destra?

Da un lato ci sono le leggi contro le libertà democratiche, dall’altro la collaborazione a più livelli con il movimento Jobbik. Pubblicamente questo tipo di rapporto viene negato, ma non per questo è meno forte. Le istituzioni controllate dalla destra sostengono sia sul piano economico che politico gli estremisti. Del resto, il partito di Orbán, il Fidesz, dispone di una forte maggioranza in parlamento e perciò potrebbe impedire ogni manifestazione fascista se solo lo volesse. Invece accade l’esatto contrario.

Che ruolo ha il revisionismo storico in questa svolta autoritaria?

È una parte importante di questa strategia, purtroppo spesso sostenuta anche da esponenti della Chiesa che partecipano in prima persona alle manifestazioni nostalgiche. L’obiettivo del governo sembra essere quello di dare vita a un “nuovo horthismo”, qualcosa di simile al regime fascista che instaurò negli anni Venti l’ammiraglio Miklós Horthy e che portò il paese a combattere a fianco della Germania nazista.

Jobbik è cresciuto all’ombra di Orbán, oggi potrebbe fargli concorrenza sul piano elettorale?

Non si deve dimenticare mai come Orbán si sia servito fino a ora dei gruppi estremisti per distrarre l’opinione pubblica dai temi sociali e dirottarla invece verso il nazionalismo e la xenofobia, specie nei confronti dei rom. Il risultato è che Jobbik si è rafforzato a tal punto da diventare sempre più rilevante anche in parlamento. In realtà si tratta però di un movimento che è nato da una costola del Fidesz e che ne continua a rappresentare una sorta di appendice radicale ed estremista. Il confine tra collaborazione e concorrenza resta perciò molto sottile.