C’è uno spettro che si aggira nel dibattito sulle navi Ong: un documento riservato di Frontex che dimostrerebbe come queste costituiscano un «pull-factor». Cioè un fattore di attrazione dei migranti che li invoglierebbe a partire. Tale teorema è già stato proposto in passato, senza mai trovare conferme. Il nuovo rapporto riguarderebbe il periodo tra l’1 gennaio e il 18 maggio 2021. Non se ne conosce il contenuto esatto, sono solo trapelate delle indiscrezioni l’8 novembre scorso attraverso Adn Kronos che afferma di averlo visionato. L’agenzia cita questo passaggio: «in assenza di navi Ong nel Mediterraneo molti [migranti] rifiutano di partire».

Uno dei più importanti studi sistematici sulla teoria del pull-factor è stato condotto sui dati 2014-2019 da Eugenio Cusumano e Matteo Villa per l’European University Institute. I numeri hanno smentito che in quella fase ci fosse una correlazione tra partenze dalla Libia e presenza di navi Ong nella relativa zona Sar, cioè di ricerca e soccorso. «Anche per il periodo citato da Frontex non ci sono evidenze. Anzi. Nei primi quattro mesi e mezzo del 2021 la media di migranti partiti ogni giorno dalle coste libiche è di 125 con le Ong presenti nell’area Sar del paese nordafricano e 135 senza», afferma Villa, che lavora per l’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) e dispone di dati ufficiali.

Tabella di Matteo Villa (Ispi)

«Il 9 maggio 2021 è stato il giorno con il maggior numero di partenze: 2.436 in almeno 15 eventi. L’ultima missione di una Ong era terminata il 30 aprile. Quella seguente sarebbe partita il 14 maggio», continua Villa. Che sottolinea come, in ogni caso, il lasso di tempo dell’analisi di Frontex è troppo limitato per dimostrare statisticamente il pull-factor. Anche perché coincide in parte con i mesi più freddi dell’anno, dove il maltempo limita contemporaneamente le partenze dei barconi e la navigazione delle navi umanitarie.

Il rapporto, comunque, è stato menzionato da diversi esponenti del governo come una prova inconfutabile dell’esigenza di dare la caccia alle Ong. Su tutti dal ministro degli Esteri Antonio Tajani che domenica in due diverse interviste, sul Corriere della Sera e a Mezz’ora in più su Rai 3, ha ribadito: «In un rapporto dell’agenzia europea Frontex è scritto che le Ong si danno appuntamento con gli scafisti nel Mediterraneo». Fino a quando il testo non sarà pubblico non ci sarà modo di verificare cosa afferma. Resta il fatto che le dichiarazioni di Tajani più che di pull-factor accusano le Ong di vere e proprie consegne concordate di migranti. Cioè di complicità nel traffico di persone.

«Non è mai stato dimostrato che tra trafficanti e Ong ci siano stati accordi. Se così fosse si tratterebbe ovviamente di una condotta illecita ma a fronte di diverse accuse in questo senso non esiste l’ombra di una prova. Né in Italia, né in Europa. È assurdo pensare di criminalizzare la doverosa attività di soccorso delle navi umanitarie», afferma l’ex magistrato Armando Spataro.

Sulla vicenda il governo sembra in confusione: mentre rispolvera vecchi teoremi smentiti da dati e inchieste giudiziarie è alla ricerca di nuovi strumenti normativi per ostacolare le attività dei soccorritori. Di «stretta in vista» ha parlato l’altro ieri il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. Da vedere se passerà attraverso il suo ministero, e le ispezioni della guardia costiera, o dal Viminale. Magari attraverso un codice di condotta di minnitiana memoria. Lo ha richiamato ieri lo stesso Tajani, a margine dell’incontro a Bruxelles con la presidente del parlamento Ue Roberta Metsola. Secondo alcune indiscrezioni trapelate domenica prevederebbe che le navi comunichino con le autorità tutti i passaggi dei soccorsi, dimostrino di aver salvato barche a rischio naufragio e non segnalino più la propria posizione.

La prima cosa, come hanno sottolineato tutte le Ong, avviene già. Sono le autorità maltesi e italiane a non rispondere. Sulla seconda è perentorio il commento dell’ammiraglio in congedo della guardia costiera Vittorio Alessandro: «Tutti i barconi dei migranti sono in pericolo da quando lasciano le coste. Non contravvengono una specifica norma di sicurezza ma l’intero impianto della Convenzione sulla salvaguardia della vita umana in mare (Solas) e i regolamenti sulla sicurezza della navigazione». Il terzo punto, invece, sembra impossibile: significherebbe spegnere l’Ais (Automatic identification system), un sistema che comunica in tempo reale dove si trova una nave. Nel 2004 l’Organizzazione marittima internazionale (Imo) ha stabilito che, per ragioni di sicurezza, è obbligatorio sulle navi che compiono viaggi internazionali e superano le 300 tonnellate di stazza.

Bisognerà vedere il testo a cui sta lavorando il governo ma queste novità non sarebbero sufficienti a fermare le navi umanitari