Ormai non passa giorno senza che i media ci ricordino la tragedia dei pronto soccorso in Italia. L’ultima in ordine tempo è stata l’inchiesta pregevole di Report (Raitre, 5 dicembre) che ha dimostrato senza ombra di dubbio (in particolare indagando la situazione dei pronto soccorso nel Veneto) che ormai in Italia esiste il problema tragico “dell’emergenza dell’emergenza”.
Se l’emergenza è doppia vuol dire che per alcuni cittadini, tanto per cambiare i più deboli, le probabilità di morire in ospedale purtroppo diventano insopportabili certezze.

Sono 18.000,dati Simeu, (Società italiana medicina emergenza urgenza ) i cittadini che muoiono in pronto soccorso perché malati gravi ma anche perché vengono fondamentalmente malcurati

Morire a causa di malattie inguaribili ci sta, ma morire perché la politica sugli ospedali non ne ha azzeccata una, francamente è inaccettabile.

Oggi in Italia, quasi unico paese in Europa, è comparsa una nuova malattia di cui la nosografia dovrebbe prendere atto: la “ospedalopatia grave”.

Si tratta di una malattia mortale, per la quale l’unica terapia possibile non è medica ma politica. Essa si cura garantendo al cittadino semplicemente un ospedale adeguato e un sistema di emergenza e urgenza decente.

La cosa sconcertante è che le 18.000 persone di cui parla la Simeu muoiono in pronto soccorso dopo almeno 24 ore di permanenza. Cioè subito dopo l’ospedale. Il che vuol dire che davvero si muore anche per i problemi mai risolti degli ospedali.

Come si sa, in questi anni in nome della lotta contro l’ospedalecentrismo, sono stati tagliati migliaia di posti letto, si sono chiusi migliaia di reparti e centinaia di ospedali, soprattutto i più piccoli. Ma siccome tagliando i posti letto si tagliano anche gli operatori necessari, in nome della deospedalizzione si sono dissolti anche centinaia di migliaia di posti di lavoro.

Quel che è più grave è che tutto si è scaricato in parte sui reparti di degenza e in gran parte sui pronto soccorso.

Oggi la Simeo ci dice che nel pronto soccorso mancano di fatto 3 medici su 10, che circa 1/4 di medici che mancano sono sostituiti da medici non dipendenti dal Ssn con tipologie di rapporto “atipico” (di tutti i tipi) e che i restanti 3/4 dei medici mancanti restano allo stato attuale di fatto non sostituiti .

E’ quindi inevitabile che nel pronto soccorso i tempi di attesa non possano che essere lunghi, ben oltre le 6 ore previste dagli standard internazionali. Più del 50% dei pazienti urgenti, dice la Simeu, è costretto ad aspettare non meno di 9 ore ma in molti pronto soccorso la media di attesa è assai superiore, giungendo a non meno di 3 giorni.

L’indagine della Simeu a proposito di tempi di attesa ci rivela un altro dato che riguarda il 4% dei malati: almeno 800.000 persone a causa delle carenze nei reparti permangono in pronto soccorso per periodi superiori alle 48 ore(300.000 di essi più di 72 ore) per poi essere dimessi.

Si tratta di pazienti che inevitabilmente sono gestiti in maniera impropria dal personale. Un pronto soccorso non è concepito e non è organizzato come un reparto di degenza. Scambiare ruoli e funzioni per i malati è un rischio in più.
Ora mettete insieme il tutto: pochi operatorie non sempre qualificati, carichi di lavoro fuori da ogni regola, turni estenuanti, malati clinicamente gravi e avrete chiaro cosa vuol dire oggi morire di ospedalopatia grave.

Davanti a una situazione non solo compromessa ma soprattutto immorale, la proposta di Pnrr fatta dall’ex ministro della salute, Speranza, che più volte abbiamo criticato su queste pagine) e che il ministro Schillaci ha ha confermato senza cambiare una virgola, tutto messo insieme, ha causato questo sfascio.

La buona notizia è che su proposta del Forum delle società scientifiche proprio ieri il ministro Schillaci ha accettato di aprire un tavolo con gli ospedalieri per studiare come cambiare la Missione6 del Pnrr e quindi combattere finalmente “l’ospedalopatia grave”. Malattia che, ricordo, è praticamente assente negli altri paesi europei.