Le esternazioni di Salvini sono coerenti col personaggio costruito in questi anni, questo bisogna riconoscerlo. Solo che adesso è ministro dell’Interno. E questo fa una differenza.

Dice di essere contro la riforma del regolamento di Dublino, proposta oggi nella riunione dei ministri dell’Interno dell’Ue, che nella sua attuale formulazione penalizza i paesi di primo approdo dei richiedenti asilo, come l’Italia, e quindi andrebbe modificato. Ma c’è già il documento approvato di recente dal Parlamento europeo, che responsabilizza tutti i Paesi e introduce l’idea che chi arriva in Italia o in Grecia arriva in Europa ed è l’Ue a doversene farse carico con un proprio piano d’accoglienza. Una proposta che la Lega non ha votato e che – questo Salvini omette di dirlo o non lo sa – non favorirebbe l’Italia perché in una divisione equa dei richiedenti asilo, sulla base di criteri oggettivi, l’Italia, sul lungo periodo, dovrebbe accoglierne più di quanti ne ha finora accolti. Negli ultimi 10 anni infatti (2008-2017), l’Ue ha accolto circa 5 milioni di richiedenti asilo, pari all’1% della popolazione.

Poiché l’Italia ha una popolazione pari al 12% di quella dell’Ue, in una divisione basata solo sulla quantità di popolazione, a noi ne sarebbero toccati 600 mila, più di quelli che abbiamo accolto.

Se poi parliamo di chi ha ottenuto un permesso di soggiorno regolare, i dati dicono che l’Italia fa meno di tanti altri. Nel solo 2017 la Germania ha riconosciuto un numero di rifugiati dieci volte più alto rispetto all’Italia (325 mila contro 35 mila). Anche la Francia ne ha riconosciuto un numero più alto del nostro, e Austria e Svezia, paesi molto più piccoli del nostro, un numero vicino a quello dell’Italia.

Il ruolo della vittima, inaugurato da Renzi e sviluppato con grande impegno dall’ex ministro Minniti, poco si adatta alla realtà e ai numeri che con testardaggine raccontano una storia diversa dalla propaganda elettorale leghista e non solo.

Salvini ripete le stesse cose dette con altre parole dal suo predecessore. Nel campo delle politiche anti immigrati Minniti però non è secondo a nessuno: accordi con le milizie e con la guardia costiera libica per bloccare i flussi o riconsegnare ai loro torturatori chi riesce a scappare. Infatti, nonostante la polemica perpetua con il Pd, Salvini ha tributato un elogio all’ex ministro, sostenendo che andrà avanti nella stessa direzione, con maggiore efficacia.

In particolare Salvini sostiene di voler aumentare i rimpatri e diminuire le risorse per l’accoglienza. L’accordo con le bande libiche ha già ridotto drasticamente i flussi, ma non si tratta di un dato di cui vantarsi, viste le conseguenze sulla vita di decine di migliaia di persone.

Per aumentare i rimpatri, il neo ministro ricorre agli insulti nei confronti dei tunisini: poiché dalla Tunisia non ci sarebbe alcuna ragione per fuggire (lo dicevano anche quando c’era Ben Ali), i tunisini vanno rimpatriati (cosa che peraltro già avviene da mesi, spesso con rimpatri collettivi illegittimi), anche perché, sostiene Salvini, a noi mandano i galeotti. Un modo per facilitare le relazioni diplomatiche e ottenere collaborazione, come si è già visto!

La riduzione della spesa per l’accoglienza è un’ipotesi totalmente astratta e propagandistica. Se diminuisce il numero delle persone, diminuirà la spesa. Ma a numeri invariati la spesa non può diminuire perché gli obblighi previsti dalla legge, per fortuna, non consentono ulteriori risparmi. Si può risparmiare rendendo i centri invivibili. L’esperienza ci insegna che le politiche di criminalizzazione dei richiedenti asilo e dell’accoglienza hanno portato a un aumento della spesa pubblica e dei tempi dell’accoglienza.

L’ossessione per il controllo orienta verso i grandi centri (e il capitolato del ministero dell’Interno sui centri d’accoglienza Cas esistenti va esplicitamente in questa direzione) che sono più costosi, hanno un impatto negativo sui territori e allungano i tempi dell’accoglienza.

Tra propaganda razzista e falsità l’avvio è degno senz’altro del personaggio.

Noi siamo preoccupati, perché se già si respira un clima di rancore diffuso, che spesso si traduce in violenza, come è successo in Calabria (vedremo cosa accerteranno gli inquirenti, ma è fuor di dubbio che in nell’omicidio si Soumalya Sacko ci sia una componente importante di razzismo). E il fatto che un esponente del governo tanto acclamato soffi sul fuoco dell’odio popolare non fa che confermare queste preoccupazioni.

Oltre a denunciare quel che di falso e strumentale c’è nelle parole del ministro Salvini, occorrerà mettere in campo un’opposizione sociale all’altezza della sfida. Presto, molto presto.

* vicepresidente nazionale Arci