Oggi si vota in quattro dei 32 Stati federati che compongono il Messico, rappresentano il 23% dell’elettorato complessivo. Nel Coahuila, nel Nayarit e nel Mexico (Edomex) si eleggono i governatori e le autorità locali, a Veracruz si va alle urne solo per le municipali.

Le leggi del paese consentono a ogni Stato di definire il proprio calendario elettorale, posto che ogni sei anni si eleggano i governatori, ogni tre i sindaci, i deputati federali e le altre autorità locali. Quello di oggi è considerato il test più credibile per le presidenziali del giugno 2018. Determinante il voto nell’Edomex, e per diverse ragioni: si tratta dello Stato più popolato del paese (16.187.608 abitanti, 11.404.743 gli aventi diritto al voto, ossia il 13,26% del totale nazionale); perché con un bilancio annuale di circa 14 milioni di dollari può contribuire fortemente alla campagna presidenziale; e perché elegge la maggior quantità di deputati federali (41), licenziati dalle urne lo stesso giorno delle presidenziali.

Soprattutto, nell’Edomex si presenta un’opportunità storica per la sinistra, quella di stroncare ottant’anni di dominio del Pri e di eleggere Delfina Gomez, candidata del partido Morena. I sondaggi danno alla pari la maestra messicana e Alfredo del Mazo, cugino del presidente Enrique Peña Nieto. La popolarità di Nieto è ai minimi storici.

Secondo la Cepal, il 10% delle imprese più potenti detiene il 93% dei beni materiali e l’indice di Gini che misura le disuguaglianze, con la gestione Nieto ha raggiunto la cifra record dello 0,93. In America latina, il Messico è il paese in cui le donne dedicano più tempo ai lavori domestici non remunerati. Secondo cifre ufficiali, 32. 218 persone risultano scomparse, aumentano gli omicidi di giornalisti, attivisti e difensori dei diritti umani.

Diversi sondaggi prevedono che il Pri potrebbe perdere negli Stati di Coahuila e Nayarit. Una vittoria di Morena – un partito di sinistra non ancora invischiato nell’intreccio di mafia e politica che governa il Messico – nello Stato più importante del paese, potrebbe aprire la strada alla vittoria del suo leader nazionale, Andrés Manuel Lopez Obrador (Amlo). Molte inchieste lo danno vincente, soprattutto per aver capitalizzato l’”effetto Trump” a fronte dell’immagine subalterna del Pri e di Nieto. Già nel 2006, gli è stata scippata la vittoria sul filo del rasoio (e delle frodi).

Amlo deve però riunire tutte le anime che stanno “in basso e a sinistra”: i movimenti per i 43 studenti scomparsi, la Cnte, gli elettricisti, i minatori, e gli zapatisti. Questi ultimi sostengono una candidata indipendente, eletta dalle comunità, María de Jesús Patricio, indigena nahua. Un’attivista di lungo corso, già rappresentante al Foro Nacional Indigena di San Cristobal, convocato dagli zapatisti nel 1996.

In una battaglia già senza esclusioni di colpi, anche giudiziari. Il presidente del Pri, Enrique Ochoa Reza, in chiusura di campagna per del Mazo, ha detto ad Amlo di “prepararsi ad andarsene in Venezuela”. Quelli che appoggiano Lopez Obrador, Morena e la sua candidata – ha affermato – “vogliono trasformare il Messico nel Venezuela, un paese in cui non c’è libertà, che non permette lo sviluppo e in cui chi pensa in modo diverso finisce in carcere. Se ne vadano in Venezuela, perché in questo Stato il governatore sarà Alfredo del Mazo”. E il candidato ha assicurato: “Oggi il priismo nello Stato di México è più forte che mai”.

Morena ha denunciato la “campagna sporca” del Pri per mantenersi al potere nell’Edomex. Delfina Gomez ha invitato i cittadini “a votare in modo massiccio prima di mezzogiorno per evitare che il Pri e i suoi alleati organizzino una frode elettorale”. Ai suoi sostenitori che nel comizio conclusivo l’hanno accolta al grido di “Delfina, profesora, serás gobernadora!”, ha chiesto di presidiare le urne, perché “questa è la nostra grande opportunità di trasformare lo Stato”.

Le elezioni nell’Edomex saranno le più controllate della sua storia: oltre ai 3.735 osservatori elettorali, i partiti disporranno di 217.316 rappresentanti di seggio. Nel Messico della narco-politica, quella della maestra Gomez è però una scommessa difficile: Peña Nieto e la parte più potente del suo gabinetto provengono dallo Stato di Mexico, che da ottant’anni è dominato dallo stesso gruppo politico, quello di Atlacomulco.