Il pensiero politico del nuovo presidente argentino Javier Milei è semplice: «La mia missione è quella di prendere a calci nel culo keynesiani e collettivisti». A questo aggiunge che occorre bruciare la Banca centrale, adottare il dollaro come moneta, privatizzare la sanità, legalizzare il commercio di organi umani. «Il Papa è feccia comunista, la sinistra è merda pedofila e non me ne frega un cazzo del riscaldamento globale». Questo è quanto hanno sentito gli argentini dalla voce di Milei, el loco, quando le parole non venivano cancellate dal rumore della motosega sempre in funzione che portava sul palco.

MILEI UN PO’ è matto e un po’ fa il matto. Il suo programma cosiddetto anarcocapitalista sarebbe una forma più brutale delle politiche di Trump e Bolsonaro: intensificazione dello sfruttamento, saccheggio delle risorse naturali, privilegi fiscali per i milionari. In realtà, non c’è nulla di nuovo: politiche di questo tipo, la cosiddetta shock therapy, furono sperimentate in Cile dalla giunta di Pinochet, con la consulenza del premio Nobel Milton Friedman, un altro degli eroi del neopresidente argentino.

Eleggere degli svitati sarebbe una malattia dell’America Latina? Certo, Bolsonaro aveva ripetuto più volte che il Covid-19 era poco più di un’influenza, che si poteva curare con la clorochina e che lui, con il suo “fisico da atleta” non lo avrebbe mai preso. Aveva anche detto che avrebbe preferito un figlio morto a un figlio omosessuale e che i popoli indigeni dell’Amazzonia avrebbero dovuto essere sterminati molto tempo fa.

Nayib Bukele, eletto presidente di El Salvador nel 2019, ha adottato un approccio molto semplice verso la criminalità: l’incarcerazione in massa dei membri delle gang, o dei presunti membri delle gang, o di quelli che potrebbero diventare membri delle gang.

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Una vocazione fascista per Milei

RODRIGO DUTERTE, presidente delle Filippine dal 2016 al 2022, divenne noto per la sua dichiarazione: «Hitler ha massacrato tre milioni di ebrei. Ora ci sono tre milioni di tossicodipendenti. Sarei felice di massacrarli».

In realtà Milei, Bolsonaro, Bukele e il presidente del Guatemala Jimmy Morales, sono tutti allievi di due personalità televisive di successo: Silvio Berlusconi e Donald Trump. Due outsider eletti per la prima volta in contesti politici, l’Italia del 1994 e gli Stati Uniti del 2016, caratterizzati da stanchezza degli elettori per la corruzione del sistema politico tradizionale e da incapacità dei loro oppositori di valutare adeguatamente la forza di questi candidati.

Berlusconi e Trump hanno dimostrato che abbandonare ogni forma di buona educazione e di rispetto minimo per gli avversari era non solo possibile ma conveniente. Il loro stile provocatorio faceva passare un messaggio molto chiaro: ogni discorso soggetto ai vincoli della verità come cornice di una vita politica intelligibile e organizzata, è un ostacolo alla libertà individuale. Chi cercava di tenere la conta delle loro quotidiane bugie veniva attaccato come “comunista”, nemico della patria, esponente dell’establishment (i politici “che non hanno mai lavorato” per Berlusconi, il “Deep State” per Trump).

BERLUSCONI poteva essere un’anomalia italiana ma non lo era, come Milei non è una bizzarria argentina: se li mettiamo insieme a Trump, Bolsonaro, Bukele, Duterte e altri otteniamo un quadro coerente di totale sfiducia nei confronti delle classi dirigenti che hanno governato i rispettivi paesi dagli anni Settanta in poi. Ogni paese ha avuto il suo momento di crisi in tempi e modi specifici (l’inchiesta Mani Pulite per l’Italia, la debolezza del candidato Hillary Clinton per gli Stati Uniti) ma gli elementi comuni sono visibili. Candidati antipolitici ci sono stati in altri paesi e in altri momenti, senza successo: il “pagliaccio” Coluche, in Francia, fu molto apprezzato dai sondaggi per un breve periodo, nel 1981, ottenendo tra l’altro il sostegno di intellettuali come Pierre Bourdieu, Félix Guattari e Gilles Deleuze, poi si ritirò dalla campagna elettorale.

IN REALTÀ i locos hanno in comune ben più che lo stile: sono tutti sostenitori delle maniere forti, delle decisioni autoritarie, del potere solitario. Duterte è responsabile di migliaia di assassinii compiuti con il pretesto della “guerra alla droga”, Bolsonaro voleva “sterminare” gli attivisti di sinistra, Milei ha come vice Victoria Villaruel che nega le responsabilità dei generali nella morte di migliaia di desaparecidos. Personaggi che arrivano nel momento in cui le classi dirigenti tradizionali appiono sfiatate, prive di idee, incapaci di garantire una vita decente ai cittadini, come nell’Italia del 1922 e nella Germania del 1933. Mussolini e Hitler non arrivarono al potere con i carri armati: il primo fu nominato capo del governo da re Vittorio Emanuele III, il secondo divenne cancelliere quando il presidente tedesco Hindenburg gli conferì l’incarico. Domenica scorsa Milei ha ottenuto il 55% dei voti.