«Le possibilità di ulteriore escalation e spargimento di sangue continuano a crescere. Temo che il mondo non stia camminando come un sonnambulo in una guerra più ampia, temo che lo stia facendo con gli occhi ben aperti». Sono parole di Antonio Guterres, il segretario generale delle Nazioni unite. Di fronte all’Assemblea generale Guterres si è mostrato, forse per la prima volta in modo così esplicito, seriamente preoccupato. Il mondo «è al più alto rischio da decenni di una guerra nucleare», ha sottolineato in un altro passaggio del suo discorso il capo dell’Onu, «un annientamento nucleare causato in modo accidentale o in modo deliberato».

L’ALLARME DI GUTERRES non è rivolto solo all’Ucraina, ma sembra criticare in toto l’intero sistema costruito negli anni della Guerra fredda. «Dobbiamo porre fine alla minaccia rappresentata dalle 13mila armi nucleari immagazzinate negli arsenali di tutto il mondo». Tuttavia, contestualizzando, è impossibile non pensare che sia Guterres sia i leader occidentali quando parlano di «minaccia nucleare» pensano alla Russia di Vladimir Putin. Dal canto suo il Cremlino continua ad accusare l’Ue e la Nato di essere responsabili dell’escalation e persino delle morti di civili. Senza armi Kiev non potrebbe rispondere e quindi noi non saremmo costretti a bombardare, sembra il senso di certe dichiarazioni ufficiali di Mosca.

IERI, IN OCCASIONE della visita a sorpresa del ministro della difesa tedesco Boris Pistorius a Kiev, il ministro della difesa russo Sergej Shoigu ha aggiunto che l’operato dell’Occidente sta trascinando i gli Usa e i suoi alleati in un conflitto nel territorio russo e potrebbe portare a un livello imprevedibile di escalation. Intanto Pistorius e il suo omologo ucraino si facevano fotografare con un modellino di panzer, mentre il tedesco annunciava l’invio imminente di 100 Leopard 1 da diversi Paesi Ue.

IN OGNI CASO non è la prima volta che Shoigu minaccia. L’hanno già fatto in modo più esplicito il ministro degli esteri Lavrov e lo stesso Putin. Dov’è la novità? Ci sono alcuni elementi che sembrano spingere verso due alternative contrapposte: allargamento del conflitto o trattativa con Putin. I dati che citano diversi analisti, anche quelli più distanti dalle posizioni apocalittiche di certa informazione, tengono conto della riorganizzazione delle forze russe di stanza in Donbass, della loro avanzata verso gli obiettivi strategici della regione come Bakhmut (seppur «di pochi metri al giorno» come sostiene l’intelligence britannica), dell’arrivo di decine, forse centinaia, di migliaia di nuovi soldati al fronte e della prospettiva che la guerra si protragga ancora.

Inoltre, ci sono i problemi interni al governo ucraino. Le inchieste sulla corruzione nel ministero della difesa hanno di fatto decapitato tutti i vertici del dicastero e si attendono a breve le dimissioni dell’attuale ministro Oleksiy Reznikov. Ma le insistenze della stampa, che cerca di capire perché Reznikov sarà allontanato, non piacciono al governo ucraino, tanto meno al presidente Zelensky che ieri, secondo Reuters, ha chiesto che si interrompano immediatamente le «voci o a qualsiasi tipo di pseudo-informazione» che mette a repentaglio l’unità del Paese nella guerra contro la Russia.

INTANTO IL PARLAMENTO ucraino ha approvato la richiesta del presidente di nominare Vasyl Maliuk a capo dei servizi segreti ucraini, anche noti come Sbu. Secondo gli attivisti anti-corruzione ucraini, Maliuk è vicino al noto vice-capo di gabinetto di Zelensky, Oleh Tatarov che è stato accusato di corruzione nel 2020. Da allora, il suo caso è stato congelato, secondo alcuni addirittura insabbiato da alcuni personaggi influenti delle forze dell’ordine, anche perché si ritiene che Tatarov eserciti un’influenza significativa sulla maggior parte degli organi di polizia. Quasi contemporaneamente è stato nominato anche il nuovo ministro degli interni. Si tratta di Igor Klymenko, che prende il posto di Denys Monastyrskyi, deceduto a causa del misterioso schianto dell’elicottero dove viaggiava lo scorso mese a Brovary.