La Francia proibisce alcune tecniche violente di arresto, lo “strangolamento”, le “pressioni sulla nuca e sul ventre”. Ci sarà “sospensione sistematica” di poliziotti o gendarmi, in caso di “sospette” azioni razziste, con procedure disciplinari in parallelo di quelle penali. Per i controlli di identità, che non dovranno essere utilizzati come una “sanzione” preventiva, il numero di matricola dell’agente dovrà essere ben visibile e verrà generalizzato l’uso di video per testimoniare sullo svolgimento dell’azione. Il numero di controlli di identità non servirà più per “valutare l’attività” di un agente o di un commissariato. La formazione dei poliziotti sarà migliorata e sistematizzata, a partire dalla “sensibilizzazione alle discriminazioni”. Le inchieste generalizzate. Viene istituita una missione di deontologia, ci sarà una collaborazione con organizzazioni anti-razziste come la Licra e un dialogo con un panel di cittadini, già interpellato nel gennaio scorso.

Il ministro degli Interni, Christophe Castaner, è intervenuto ieri in un clima di tensione, su richiesta di Emmanuel Macron, per cercare di riportare la calma dopo le manifestazioni che negli ultimi giorni si sono svolte a Parigi e in varie città francesi, sull’onda della protesta negli Usa. Castaner parla di «tolleranza zero» per il razzismo da parte di chi «porta la divisa blu». Ma il ministro degli Interni difende al tempo stesso la polizia come istituzione: le violenze «non devono più succedere, ma qualche azione di mele marce» non deve screditare tutta la polizia e la gendarmeria, anche se «troppi poliziotti hanno deviato» (frase che non è piaciuta per nulla nella polizia).

L’intervento di Castaner mostra una presa di coscienza del dramma del razzismo nella polizia. L’obiettivo è arrivare a ristabilire «una polizia della fiducia» in un paese dove predomina da anni la sfida. Ma il governo cammina sulle uova, in un contesto dove tutti hanno paura di tutti: i giovani, soprattutto nelle banlieues, hanno paura della polizia, i poliziotti a volte temono la violenza di certi quartieri, mentre il governo – debole – ha paura delle reazioni della polizia. In Francia c’è anche un problema di quantificazione del fenomeno, perché la Repubblica non prende in considerazione le comunità di appartenenza ma solo i cittadini singoli, le statistiche etniche non esistono.
Castaner ha anche evocato i casi più controversi dell’ultimo periodo, dopo la morte di Adama Traoré, il caso del ragazzino di 14 anni, Gabriel, ferito gravemente, qualche mese fa quello di Cédric Chouviat, morto a causa di un controllo di identità. Con la presidenza Macron c’è stata la repressione violenta del movimento dei gilet gialli. Nel 2019, in Francia 19 persone (17 nel 2018) sono morte “nel quadro di una missione di polizia”. La “polizia della polizia” (organismo amministrativo) ha aperto 1.460 inchieste interne (1.180 nel 2018) per violenza eccessiva. Negli ultimi giorni, c’è stato il caso del gruppo razzista su Facebook, su cui è stata aperta un’inchiesta giudiziaria su richiesta del ministero degli Interni, o il caso dei 6 poliziotti che passano al consiglio di disciplina a Rouen denunciati da un collega nero.
Il governo ha reagito ieri dopo giorni di polemiche in crescita, dopo l’inattesa manifestazione di martedì 2 giugno, con 20mila persone di fronte al palazzo di giustizia di Parigi, seguita da altre protesta in provincia (e altre azioni sono attese oggi, giorno dei funerali di George Floyd a Houston).

La sinistra ha criticato il silenzio di Macron. La destra si è schiarata come un sol uomo con la polizia, negando l’evidenza. «Le violenze della polizia non esistono», dicono i Républicains. «Castaner è in vacanza, mentre militanti indigenisti hanno riversato odio verso il nostro paese», ha affermato Jordan Bardella del Rassemblement national.