Aggiornamento lunedì 27 febbraio, ore 9.30

Il bilancio dei morti è salito a 62. I dispersi sarebbero ancora 30-40

Una strage di queste dimensioni in acque italiane non avveniva da anni. Il bilancio provvisorio del naufragio davanti alle coste crotonesi di Steccato di Cutro è di 43 morti. Ma all’appello mancano ancora molte persone. Secondo il governo la colpa è solo dei trafficanti. Neanche una parola sull’assenza di soccorsi che siano in grado, nelle diverse aree del Mediterraneo, di evitare le tragedie.

Intanto continua la ricerca dei dispersi. Le prime testimonianze avevano raccontato di 250 migranti presenti sul barcone, che non è ancora chiaro se sia esploso oppure finito contro gli scogli a causa del mare agitato. L’ultimo comunicato della guardia costiera parla invece di «circa 120» persone partite dalle coste turche di Izmir quattro giorni fa. Mentre i soccorritori sono ancora impegnati tra le onde si moltiplicano le reazioni istituzionali e infuria la polemica politica.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha espresso «cordoglio» per «l’ennesima tragedia nel Mediterraneo che non può lasciare indifferente nessuno». Mattarella chiede che «l’Unione Europea assuma finalmente in concreto la responsabilità di governare il fenomeno migratorio per sottrarlo ai trafficanti di esseri umani». 

La notizia è arrivata anche in piazza San Pietro dove Papa Francesco, al termine dell’Angelus, ha espresso il suo dolore: «Sono stati recuperati già 40 morti tra cui molti bambini, prego per ognuno di loro, per i dispersi e per gli altri migranti sopravvissuti». Il pontefice ha poi espresso gratitudine per chi sta portando soccorso e accoglienza. Tra i primi ad arrivare sulla spiaggia di Steccato di Cutro c’è stato il parroco del paese. A don Pasquale Squillacioti la scena è sembrata «un’apocalisse». «I corpi erano coperti da lenzuola bianche, ho potuto vedere il corpo senza vita di un ragazzino che avrà avuto circa 10 anni. L’apocalisse. E non è la prima», ha dichiarato. Mentre l’arcivescovo di Crotone monsignor Angelo Raffaele Panzetta ha invitato la politica «a prendere sul serio il dolore di chi lascia la propria terra».

E proprio sul fronte politico infuria la polemica. Tra le prime dichiarazioni è arrivata quella del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi che ha parlato di «tragedia immane» ribadendo che l’obiettivo è «fermare le partenze». Uno slogan più che una possibilità concreta. Soprattutto in assenza di canali di ingresso legale. Lo testimoniano i numeri: dall’inizio di un 2023 all’insegna del governo più a destra della storia della Repubblica, che in campagna elettorale prometteva di fermare gli sbarchi, gli arrivi via mare si sono moltiplicati per tre. Quasi 15mila a fronte dei circa 5mila dello stesso periodo 2022.

Non solo: il barcone naufragato oggi era partito dalla città turca di Izmir. Proprio Piantedosi è stato in missione ad Ankara un mese fa stringendo un patto con il suo omologo Suleyman Soylu. Obiettivo: un maggiore controllo delle frontiere e una più intensa cooperazione di polizia. Alla fine di una trasferta oscurata dalla simultanea cattura del boss Matteo Messina Denaro lo stesso Piantedosi aveva esultato per i risultati raggiunti dichiarando che la Turchia è un partner affidabile, sia nel contrasto dei movimenti illegali che nel rispetto dei diritti umani.

Anche la premier Giorgia Meloni ha ribadito l’impegno a impedire le partenze collaborando con gli Stati di origine e transito. Un commento paradossale visto che molte delle vittime venivano da Iran, Siria e Afghanistan. È in paesi governati da regimi dispotici o segnati da anni di guerra che questo governo vorrebbe bloccare le persone? Meloni non ha detto una parola sulla richiesta che viene dalle organizzazioni umanitarie di una missione di ricerca e soccorso europea ed è invece passata all’attacco delle opposizioni: «Si commenta da sé l’azione di chi oggi specula su questi morti, dopo aver esaltato l’illusione di una immigrazione senza regole». Singolare per la leader di una parte politica che sugli episodi di cronaca, in particolare quando i migranti non sono vittime ma presunti responsabili, ha costruito una larga parte del proprio discorso politico. Evidentemente il governo ha la coda di paglia. Non tanto per il decreto anti-Ong, che generalmente non operano lungo la rotta orientale che arriva da Turchia e Grecia, ma perché gli sbarchi aumentano e in un mare sguarnito di soccorsi, civili o istituzionali, le vittime del Mediterraneo rischiano di moltiplicarsi.

«Ora serve mettere da parte gli slogan e far sì che l’Europa sia davvero presente, solidale e compatta nel gestire e controllare i flussi migratori», ha dichiarato il leader 5 Stelle Giuseppe Conte. Senza chiarire se l’Ue debba occuparsi di soccorsi oppure di respingimenti e rimpatri, come vogliono le destre. Dai gazebo dove si sta votando per le primarie piovono le dichiarazioni dei candidati dem. Stefano Bonaccini risponde alla leader di Fratelli d’Italia: «Cara presidente Meloni, nessuna polemica mentre ci sono morti e dispersi in mare. Ma visto che lei entra nel merito, ribadisco quel che penso: fermare gli scafisti è una priorità, come priorità assoluta deve essere salvare le vite in mare». Per Elly Schlein «non è accettabile che il Mediterraneo sia diventato un grande cimitero a cielo aperto: questo fa capire quanto sia disumano e contro ogni diritto fondamentale fare dei decreti che hanno il solo scopo di rendere più difficile salvare le vite in mare».

Durissimo il commento del segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni che chiede al governo se quei morti fossero un «carico residuale», citando l’espressione utilizzata dal ministro dell’Interno mentre a novembre scorso impediva gli sbarchi dei migranti salvati dalla Humanity 1 e dalla Geo Barents. «Siamo stanchi di piangere i morti. Una missione di ricerca e soccorso nel Mediterraneo dovrebbe essere una priorità per l’Italia e per l’Europa», afferma Fratoianni.

Se Oim e Unhcr esprimono dolore per l’ennesima strage e chiedono un più ampio accesso ai canali sicuri, le Ong impegnate nei salvataggi nel Mediterraneo centrale alzano la voce. «Non sono tragedie, sono il risultato di precise scelte politiche. Chi oggi esprime cordoglio, dopo aver voluto un decreto che ferma i soccorsi, non ha alcun rispetto per la vita di queste persone vulnerabili», attacca Open Arms. Anche Mediterranea punta il dito contro il governo: «Chi, al governo, chiude le frontiere e non apre canali legali e sicuri d’ingresso in Europa, dovrebbe solo tacere. Per rispetto». Mentre Sea-Watch dichiara: «Intollerabile che l’unica via d’accesso all’Europa sia il mare. L’assenza di una missione di ricerca e soccorso europea è un crimine che si ripete ogni giorno». Intanto Medici senza frontiere ha messo a disposizione il suo team per attivare un primo soccorso psicologico per i sopravvissuti.