Una simile unità blindata e compatta, con le sole eccezioni di Sinistra italiana e del Prc, la politica italiana, abitualmente il più litigioso tra i pollai, non la sperimentava da decenni. Figurarsi poi nel caos scomposto della legislatura in corso. La Cgil e la Uil hanno fatto il miracolo. La parola dannata, «sciopero», ha ricomposto e riannodato, smussato angoli, rivelato convergenze. Cambiano i toni, certo. Il ringhioso Salvini può mettere da parte la diplomazia, il Pd non può: in fondo sempre della Cgil si tratta. Ma la sostanza è identica. Lo sciopero è sbagliato, immotivato, incomprensibile, nefasto per il Paese. Tanto inspiegabile che può essere dettato solo da considerazioni politiche, non dall’onesto desiderio di portare a casa risultati. Quella casomai è la Cisl e dunque viva la Cisl.

PER IL LEADER LEGHISTA la decisione è «inspiegabile e irresponsabile». Poi «poco prima di Natale»: ma che maniere!. Per fortuna che c’è la Cisl e dunque «Grazie Cisl», si accalora Salvini. I renziani bollano l’«errore clamoroso che usa lo strumento dello sciopero come soluzione identitaria». Fi, con Tajani, segnala il «danno per la ripresa economica». Il Pd sventaglia una raffica di dichiarazioni diversificate che riflettono le solite divisioni interne. Più agguerrite la minoranza centrista e l’area cattolica. Più prudenti, pur non nascondendo irritazione e critiche, i lettiani, che insistono come anche LeU sulla necessità di lasciare aperta una porta al dialogo e chiedono al governo di provare a salvare la situazione offrendo qualcosina in più per far rientrare lo sciopero. Letta si trincera dietro un silenzio che gli vale la carica sgangherata della Lega: «Il silenzio del segretario del Pd è clamoroso. Non ha niente da dire al suo sindacato che irresponsabilmente indice uno sciopero a pochi giorni dalle festività natalizie?». Il «suo sindacato»? Ma che visione ha del sindacato l’on. Bitonci, capogruppo della Lega in commissione Bilancio?

QUALCOSA LE PRESSIONI del Pd hanno ottenuto, almeno sul piano delle forme. La presentazione dell’emendamento che veicola la riforma fiscale, linea del fuoco dello scontro, è stata rinviata alla settimana prossima. Non significa che siano previsti nuovi interventi ma è un segnale diplomatico preciso. Dopo il verdetto fatto filtrare a caldo, «conflitto ingiustificato e non comprensibile», palazzo Chigi non si pronuncia. Parla Orlando il ministro più direttamente interessato, perché responsabile del Lavoro e perché capodelegazione dem. Critico ma anche diplomatico e felpato: «Non posso nascondere una certa sorpresa. La manovra può avere luci e ombre ma rafforza le garanzie per i lavoratori, aumenta le risorse per il sociale, investe sull’Irpef. È una scelta rispettabile ma che non definirei affatto dovuta». Comunque «ci sono aspetti su cui possiamo lavorare». Il collega ministro delle Infrastrutture Giovannini conferma: «C’è spazio per discutere e il mio auspicio è che si tenga conto di una serie di proposte del mondo sindacale».

C’È DAVVERO ANCORA spazio? Sì ma limitato. Qualcosa, anche per andare incontro al Pd il cui imbarazzo di fronte a uno sciopero generale è palese e comprensibile, forse Draghi accetterà di ritoccare ma è la struttura stessa della manovra a lasciargli spazio limitato, salvo ripensamenti profondi dell’impostazione della legge e della riforma fiscale non sono ipotizzabili. Probabilmente Draghi, Franco e Orlando punteranno sugli impegni per il prossimo futuro, senza toccare se non molto marginalmente la legge di bilancio. Un primo passo potrebbe essere l’accelerazione del dl contro le delocalizzazioni che potrebbe essere varato entro dicembre.

NEL DILUVIO DI CRITICHE che hanno sommerso ieri Landini ce n’è una che per i partiti e soprattutto per il Pd è fondamentale, quella di aver proclamato uno «sciopero politico». Non s’intende uno sciopero contro il governo invece che contro questa o quella sua scelta. Si allude invece alla presunta intenzione della Cgil e della Uil di dimostrare la loro indisponibilità a far proprio il modello di totale subalternità al governo adottato dai partiti. È possibile che quella motivazione ci sia davvero. La reazione dei partiti alla proclamazione dello sciopero la giustificherebbe in pieno.