Lo strano caso del governo delle sinistre in Portogallo continua il suo cammino e lo fa, nonostante tutto, senza mostrare grandi divergenze interne. Partido Socialista (Ps), Partido Comunista Português (Pcp) e Bloco de Esquerda (Be) restano compatti: António Costa, il primo ministro Ps, non si tocca.

In pochi mesi di vita sono state molte le sfide che il consolato frentista si è trovato a dovere affrontare, non ultima la polemica sulla revisione profonda della riforma fatta dal precedente governo di centrodestra sul finanziamento molto generoso nei confronti della scuola privata (mentre ovviamente i fondi per quella pubblica venivano tagliati).

I media non perdonano e i conservatori mostrano anche una discreta capacità di mobilitazione, tanto che ne è nato anche un movimento consistente che è riuscito a portare in piazza decine di migliaia di persone.

Tuttavia la battaglia più dura è sempre quella contro l’Europa.

In questi giorni a Lisbona si combatte per evitare sanzioni per deficit eccessivo. La commissione, spiega Pierre Moscovici, si limita a osservare come i tetti prestabiliti non siano stati rispettati e rimanda ogni decisione alla prossima riunione dell’Ecofin che dovrà stabilire se lo sforamento sia conseguenza della contingenza o di politiche inefficaci e, nel caso, proporre sanzioni che potrebbero ammontare allo 0,2% del Pil.

Per il momento nulla di certo e da Bruxelles il commissario per l’Euro Valdis Dombrovskis ricorda come in realtà martedì prossimo i ministri delle finanze europei potrebbero anche decidere di non imporre nessuna multa.

La questione, anche se potenzialmente potrebbe risolversi in un’assoluzione, è comunque vista dalle sinistre come una forma di minaccia e ha ripercussioni politiche interne notevoli, alimentate soprattutto dall’opposizione. Maria Luís Albuquerque, ex ministro delle finanze del governo guidato da Pedro Passos Coelho (Psd, centrodestra), ha candidamente affermato che se lei fosse stata ancora in carica la questione non si sarebbe posta perché, dal suo punto di vista, le perplessità provenienti da Bruxelles non riguardano tanto il passato ma il presente. Parole che hanno del grottesco perché in realtà sul banco degli imputati non c’è la legge di bilancio del 2016 ma l’ultima finanziaria dell’era Coelho. Va inoltre ricordato, come sottolinea Catarina Martins portavoce del Be, che le sanzioni per sforamento al momento sono state applicate solo a Portogallo e Spagna, nonostante nell’eurogruppo sia molto frequente che i membri non rispettino i limiti.

Le pressioni affinché il governo socialista vari misure addizionali e s’impegni a ridurre la spesa sono molto forti. Per il momento Costa promette di tenere duro, almeno fino a quando i dati reali non sconfesseranno le politiche economiche adottate.

Eppure, sebbene il primo semestre di vita dell’esecutivo sia stato obiettivamente molto difficile, i sondaggi mostrano come il sostegno dell’opinione pubblica sia consistente: appena il 20% della popolazione esprime un giudizio negativo (Eurosondagem, giugno 2016). Anche i partiti soffrono meno del previsto: il Ps, che alle legislative dello scorso ottobre aveva ottenuto il 32% dei voti, è oggi accreditato di un 38%, quindi in deciso rialzo. Stabile il Be (10,2%) e il Pcp leggermente in calo (6,7%) (Aximage, giugno 2016).

Sono risultati importanti che dovrebbero fare riflettere, perché evidenziano come l’austerità redistributiva sia in grado di creare quel consenso necessario a porre un freno alla crisi di valori dei partiti socialdemocratici. Impossibile non volgere lo sguardo alla Francia di Valls o alla Germania, nella quale l’Spd vive un collasso identitario sempre più irreversibile, e all’Italia renziana.

Oltretutto sia nel doppio voto in Spagna che in Germania sarebbe stato possibile formare governi progressisti. Occasioni mancate, perché se a Berlino o a Madrid ci fossero (stati) attori meno fedeli alle politiche austeritarie (Rajoy e Schäuble in particolare) anche all’interno dei consigli europei e all’Ecofin il vento sarebbe stato decisamente differente.