Tra le macerie, sotto le bombe o chiusi nei rifugi ci sono anche loro. I bambini ucraini vittime come gli adulti dell’aggressione russa al loro paese e per questo costretti a razionare cibo e acqua, a vivere nel terrore di morire o di vedere i genitori uccisi, le proprie case distrutte, le scuole bombardate. O anche gli ospedali pediatrici, come accaduto mercoledì a Mariupol ultimo, ignobile obiettivo delle truppe putiniane.

Nel conto dei civili uccisi da quando l’invasione dell’Ucraina è cominciata ci sono anche decine e decine di minori. Tra quanti invece sono ancora vivi chi può, e chi ce la fa, fugge lasciandosi dietro una vita che ormai più nessuno potrebbe definire davvero tale. «Un milione di bambini sono scappati dall’Ucraina in meno di due settimane. Una buia prima volta nella storia» ha detto James Elder, il portavoce dell’Unicef che non ha potuto nascondere lo sconcerto per quanto sta accadendo in Europa. «Non abbiamo mai affrontato una crisi di rifugiati di questa velocità», ha ammesso.

Una crisi più rapida di quella vista nel 2015-16 con i siriani ma dove le immagini dei profughi, anche dei più piccoli, si somigliano drammaticamente. Alle frontiere di Romania, Ungheria, Slovacchia, Moldavia e Polonia decine di migliaia di minori arrivano trascinando trolley, qualcuno con in braccio un giocattolo oppure un peluche, tutti infagottati in abiti che appaiono insufficienti a proteggerli davvero dal gelo. «Sono bambini infreddoliti e spaventati dopo giorni e giorni passati all’addiaccio, senza cibo né acqua», ha spiegato nei giorni scorsi Giovanna Di Benedetto, portavoce di Save the Children che proprio alla frontiera tra Ucraina e Romania ha allestito un spazio dove accogliere i bambini facendoli giocare e socializzare nella speranza che recuperino un po’ di normalità. «Alcuni sono molto piccoli, e con le loro mamme sono stati costretti a lasciare le proprie case spesso senza riuscire a portare altro con sé che i vestiti che hanno addosso», ha proseguito Di Benedetto.

In qualche modo sono i più fortunati, quelli che viaggiano con un parente, quasi sempre una madre, una sorella o una zia, o comunque con un adulto che si prende cura di loro, li protegge. Ma come accade in tutti gli esodi, altrettanti viaggiano da soli perché spinti dai genitori a fuggire da una situazione diventata ormai troppo pericolosa, perché si sono persi durante il viaggio oppure perché il padre e la madre sono morti. E proprio questi ultimi sono quelli maggiormente a rischio. Sempre l’Unicef ma questa volta con l’Unhcr, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati, ha denunciato più volte i pericoli nei quali questi bambini possono incorrere durante il viaggio. «Sono ad alto rischio di violenza, abuso e sfruttamento», hanno spiegato il direttore generale dell’Unicef Catherine Russel e l’altro commissario Onu per i rifugiati Filippo Grandi. «Quando vengono fatti spostare attraverso le frontiere i rischi per loro si moltiplicano. Inoltre il rischio di tratta di esseri umani è sempre nelle emergenze».

Per le due organizzazioni delle Nazioni unite i paesi nei quali questi minori arrivano dovrebbero procedere subito alla loro identificazione e registrazione, offrire spazi sicuri nei quali alloggiarli e metterli in contatto con i sistemi nazionali di protezione dell’infanzia in modo da garantire «protezione anche contro la violenza di genere e favorire i meccanismi di rintraccio e riunificazione delle famiglie».

Ci sono poi le corse contro il tempo per salvare quanti si trovano ancora in Ucraina. Unicef e Unhcr hanno denunciato la presenza di almeno centomila minori, la metà dei quali disabili, in oltre 600 istituti del paese. Si tratta di orfani oppure di ragazzi lasciati da genitori troppo poveri per mantenerli. Alcune associazioni, tra le quali la Caritas, sono riuscite a evacuarne un migliaio da Charkiv, Cherson e Odessa, un altro centinaio anche dalla separatista Lugansk mentre una novantina sono arrivati a Przemysl, in Polonia. Ma occorre altro tempo per riuscire a portarli in salvo tutti.