Il cuore pulsante del Califfato in Siria e in Iraq
La mappa dell'Isis Nato nel 2014 (ma in internet dal 2013), è all’offensiva: con 1.086 attacchi solo da luglio
La mappa dell'Isis Nato nel 2014 (ma in internet dal 2013), è all’offensiva: con 1.086 attacchi solo da luglio
La nascita ufficiale del Califfato lanciata da Al Bagdadi è del giugno 2014 ma un anno prima, nel giugno del 2013, già circolava su internet una mappa delle ambizioni territoriali di Daesh (lo Stato islamico). Non è chiaro chi l’abbia compilata e, secondo alcuni studiosi, si tratta dell’opera di qualche simpatizzante, oltretutto a digiuno di Storia visto che vi includeva il Nord della Spagna, la Slovacchia o l’Austria (mai state sotto dominazione islamica) e vi escludeva ad esempio la Sicilia. La mappa riproduce però a grandi linee le ambizioni espansive di un “impero” islamico che dall’Occidente europeo si spinge sino al Khorasan (geograficamente l’altipiano iranico e zone limitrofe) che però nell’ipotesi di Daesh include anche il subcontinente indiano.
Una mappa che invece esclude il meridione del Sudest asiatico dove Indonesia, Malaysia, Brunei e Sud della Thailandia contano oltre 250 milioni di musulmani.
Ma al di là delle mappe e delle ambizioni, dov’è la forza reale dell’auto proclamato Stato islamico? Il suo cuore pulsante sta, com’è noto, tra la Siria e l’Iraq dove oltre a combattere Daesh ha anche un vero e proprio controllo territoriale. Nel resto del mondo si va da piccole zone a macchia di leopardo a cellule più o meno attive e mobili. In questo momento, la minaccia più reale si potrebbe collocare a cavallo di Pakistan e Afghanistan, dove Daesh guadagna terreno anche grazie ai reclutamenti tra movimenti islamisti attivi nel Nord del Caucaso o nelle repubbliche centroasiatiche ex sovietiche che, quando non hanno cellule attive nei propri Paesi, forniscono combattenti.
A Ovest di Raqqa (Siria) – la capitale ufficiale per il momento – il califfato proietta la sua ombra su una vasta area che comprende l’Egitto, dove Daesh può contare soprattutto sulla regione del Sinai (Ansar Bayt al-Maqdis e Jund al Khilafah Kinana), il Nord della Libia (Ansar al Sharia), l’Algeria (Jund al Khilafah). Più a Sud la mira è su una vasta area africana che si estende dalla Somalia alla Nigeria dove Daesh può far leva soprattutto su Boko Haram (Wilayat Gharb Afriqiyah) vicino alle sue posizioni dal luglio 2014. Nella penisola arabica c’è invece Al Qaeda in the Arabian Peninsula che ha aderito a Daesh nell’agosto 2014.
A Est del cuore del Califfato le cose si fanno più confuse: in Afghanistan si va dall’Hezb islami del vecchio signore della guerra Hekmatyar, la cui simpatia verso Daesh sembra in realtà solo un modo per distanziarsi dai Talebani di mullah Mansur, a varie formazioni minori che attraggono talebani insoddisfatti e che sono attive nell’area orientale del Paese a cavallo col Pakistan dove parte dei talebani locali del Therek Taleban Pakistan appoggiano – ma al prezzo di forti divisioni interne – lo Stato islamico. Fan da corollario piccole nuove formazioni o vecchie organizzazioni settarie anti sciite molto ben viste da Desh. Infine c’è la galassia jihadista centroasiatica – attiva sia nei propri Paesi di origine sia in Afghanistan, Pakistan, Siria, Irak – tra cui l’organizzazione più nota è il Movimento islamico dell’Uzbekistan, alleato dal 2015.
In India Daesh non fa molta strada se si esclude la cellula di Ansar-ut Tawhid fi Bilad al-Hind, attiva dal 2013 ma solo sul piano di propaganda e reclutamento mentre in Bangladesh (va menzionato il caso dell’uccisione dell’italiano Cesare Tavella) sono fuori legge almeno sei gruppi islamisti tra cui Jamaat-ul-Mujahideen Bangladesh o Ansarullah Bangla, di cui non sono chiari i collegamenti con Daesh: il Paese rimane comunque una possibile area di reclutamento. Più ci si sposta a Est e a Sud meno l’influenza di Al Bagdadi si fa sentire anche se Filippine e Indonesia sono due Paesi a rischio: nel primo l’area turbolenta di Mindanao è piena di gruppuscoli contrari a far pace col governo e dunque sensibili ai richiami di Daesh. mentre nell’arcipelago indonesiano alcune centinaia di islamisti avrebbero ascoltato il richiamo jihadista per andare a combattere in Iraq e Siria.
Il quadro è dunque in via di definizione ma il contagio è tutt’altro che contenuto: secondo il centro studi Jane’s, solo negli ultimi mesi di quest’anno gli attacchi di Daesh sono aumentati a dismisura: 1.086 tra luglio e settembre e cioè circa 12 al giorno contro gli 8 registrati tra aprile e giugno. 2.978 vittime con un salto di oltre l’80% rispetto a un anno prima.
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