La Ue corre di nuovo dietro gli avvenimenti. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha espresso ieri «profonda tristezza» per il campo di Moria andato a fuoco. «Siamo pronti ad aiutare, la nostra priorità è la sicurezza di coloro che sono senza tetto» ha affermato la commissaria agli Affari interni, Ylva Johansson. Ursula von der Leyen ha aggiunto: «Ho chiesto al vicepresidente della Commissione, Margaritis Schinas, di andare in Grecia appena possibile».

Schinas, vicepresidente per la promozione dello stile di vita europeo (che si occupa anche di politiche migratorie) ha detto al primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis, che la Ue è «pronta ad aiutare la Grecia direttamente e a tutti i livelli in questo difficile momento». Concretamente, la prima decisione è che «la Ue si fa carico del trasferimento immediato verso la Grecia continentale di bambini e minorenni».

Heiko Maas, ministro degli esteri della Germania, che ha la presidenza del Consiglio semestrale, evoca la «ripartizione tra paesi Ue pronti ad accogliere» i giovani migranti, mentre il collega degli Interni respinge l’iniziativa dell’organizzazione Sicherer Häfen (porti sicuri), formata da länder e comuni tedeschi disposti ad accogliere i profughi di Moria, cui viene vietata ogni azione autonoma. Per il momento, la Norvegia (che non è nella Ue) si è detta disposta ad accogliere 50 persone, «in primo luogo famiglie originarie della Siria». In realtà, sarebbe già in corso un programma di ricollocazione di 2mila minorenni rifugiati in Grecia in 10 paesi volontari, ma finora solo 640 sono stati accolti (ripartiti tra Belgio, Francia, Lussemburgo, Germania, Irlanda, Portogallo e Finlandia). «Moria brucia e con esso i valori europei che pretendiamo difendere», riassume l’eurodeputato Verde, Philippe Lamberts.

L’emergenza Moria arriva a poche settimane dalla nuova scadenza della Commissione per presentare entro fine mese una proposta di Patto sulla migrazione e l’asilo nella Ue, dopo successivi rinvii (per il Covid, poi il Recovery Fund), in sostituzione di Dublino II.

Il campo di Moria è stato aperto nel 2013 in un’area militare abbandonata, nel 2015 c’è stata la grande crisi a causa della guerra in Siria, Angela Merkel ha pronunciato la famosa frase «Wir Schaffen Das», ce la faremo, e ha accolto 1,2 milioni di rifugiati. Ma l’Europa stenta a trovare un «terreno comune», ci sono paesi che hanno chiuso ermeticamente le frontiere, come l’Ungheria, nessun governo ha il coraggio di affrontare la questione, neppure la Germania oggi. Nel 2016 c’è stato l’accordo con la Turchia, soldi in cambio del mantenimento dei rifugiati lontani dall’Europa. Ma a poche settimane dal nuovo Patto che sta preparando la Commissione, le relazioni con la Turchia sono estremamente tese a causa del conflitto con la Grecia sulla ricerca di giacimenti di gas in mare.

Ankara minaccia di nuovo di lasciar passare i migranti (come ha fatto nel marzo scorso), mentre Josep Borrell, mister Pesc, annuncia che la Ue si prepara a discutere di sanzioni contro la Turchia al prossimo Consiglio europeo del 24-25 settembre (potrebbero essere colpite delle personalità turche, la lista è già pronta). La Nato è paralizzata e si limita a invitare alla desescalation. Ci sono state diverse manovre militari nel Mediterraneo orientale, la Francia ha partecipato assieme alla Grecia, ci sono stati aerei degli Emirates, mentre la Germania sta tentato una mediazione. Anche l’Italia è entrata nell’EastMed Forum, che vuole essere una specie di Opec del gas (progetto di gasdotto di Grecia, Israele, Egitto).

Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha proposto l’idea di convocare una conferenza multilaterale sul Mediterraneo orientale, con la partecipazione della Turchia, dove verranno discusse anche le questioni migratorie, oltre a quelle energetiche e di sicurezza. Questa conferenza però potrà aver luogo solo a condizione che le tensioni tra Turchia e vari stati membri della Ue si siano calmate, avverte un diplomatico.