La Russia è il paese che teme di più la diffusione del coronavirus. E per evidenti motivi. La linea del confine che separa la Cina dalla Federazione è lunga ben 4.250 km sfiorando il Kazachstan e la Mongolia fino al limite settentrionale della Corea del Nord e al fiume Tumen che sfocia nell’Oceano pacifico.

Sono 16 le dogane ufficiali ma i punti di contatto tra i due paesi sono molti di più, forse centinaia. Per questo quando il governo russo ha deciso di sigillare le frontiere russo-cinesi, di chiudere i collegamenti ferroviari e anche gli accessi su gomma sine die, la preoccupazione è rimasta fortissima.

Qualche caso isolato di infezione in Russia è già stato riscontrato ma si teme che possa essere solo l’inizio. Il vice ministro della sanità russo Sergey Kraevoy dichiara che, nonostante la mancanza di previsioni sullo sviluppo del coronavirus nel paese, il suo dicastero «si sta preparando per una possibile infezione di massa. Non siamo tranquilli, ci stiamo ancora preparando per una possibile infezione su larga scala».

Kraevoy ha mostrato di non sottovalutare la crisi virale ma non si è sbilanciato sulla diffusione: «Non possiamo prevedere come si svilupperà questa infezione nel nostro paese», ha detto intervenendo ieri in una riunione del comitato interparlamentare. Sempre ieri 147 cittadini russi e di altri paesi dell’ex Urss residenti a Wuhan sono stati evacuati via aerea a Tyumen, dove sono stati posti in quarantena.

Ma in Russia si inizia a fare i conti anche sulle ricadute economiche della crisi. In due giorni a causa delle dimensioni dell’interscambio commerciale tra Russia e Cina (più di 100 miliardi di dollari l’anno) e al calo del prezzo del petrolio, il rublo ha perso oltre il 5% nei confronti di dollaro ed euro.

Il 3 febbraio la catena di ipermercati Magnit, una delle più grandi in Russia, ha annunciato la sospensione delle forniture di frutta e verdura dalla Cina e ha iniziato attivamente a importare da Marocco, Israele e Turchia. Il problema sembra legato più alla logistica che al prezzo.

Tuttavia problemi di prezzo e carenza di frutta e verdura si sono segnalati nei negozi di Vladivostok. «La domanda principale ora è quando le fabbriche in Cina saranno in grado di ricominciare a evadere gli ordini», dichiara un impiegato di una società russa che importa mobili per ufficio dalla Cina a Bbc Russia.

In altri casi il problema è legato al rientro della forza-lavoro: «Quasi tutti i lavoratori delle fabbriche situate nei centri industriali in Cina vengono a lavorare da noi con contratti annuali da altre province meno sviluppate e sono rientrati a casa per le vacanze di Capodanno», afferma un funzionario russo intervistato da Vedomosti.

L’indice dei prezzi dei metalli di Moody’s è sceso del 7,1% dall’inizio dell’epidemia. Alexey Kulichenko, vice direttore della Severstal, uno dei maggiori produttori di acciaio in Russia, ritiene che la diffusione del virus potrebbe influenzare in modo significativo l’industria siderurgica: «Tutto dipende da profondità e durata della crisi. È troppo presto per dirlo ma sicuramente può essere un fattore molto significativo».