Due passi oltre il confine, nel Carso sloveno subito dopo Basovizza, c’è il paesino di Lokev, poco più di 700 abitanti, una torre circolare in pietra del 1400 adibita a museo della guerra, una cappella gotica piena di simboli templari e una chiesa dedicata all’Arcangelo Michele ricostruita più volte nel corso dei secoli. L’interno della chiesa è una sorpresa di luce e di colori pastello ma c’è tanto di più: è una delle almeno 40 chiese del Carso decorate da Tone Kralj.

Tone Kralj

PITTORE, scultore, grafico, nato nel 1900 in un paesino di contadini a est di Lubiana, aveva studiato ed esposto le sue opere a Praga, Vienna, Parigi, Venezia, Roma. Cattolico antifascista, è rimasto particolarmente famoso proprio per le chiese dove i suoi dipinti, ancorché spesso satirici, sono un dolente ed esplicito atto di accusa contro chi aveva smembrato e occupato la sua terra. Ecco anche nella chiesa di Lokev, sulle alte pareti della navata, i riquadri coloratissimi con le parabole dipinte sull’intonaco a secco, in fretta per non farsi scoprire, e i medaglioni bianchi con la via crucis scolpiti nel gesso. I fascisti non se ne accorsero mai, poco attenti sembrerebbe, ma i popolani che si recavano a messa erano perfettamente in grado di comprendere quel che vedevano. Il Buon Samaritano, per esempio, con Cristo vestito di rosso che tiene in braccio un ferito scheletrico con le bende bianche insanguinate e un peplo blu – sono i colori della bandiera slovena! – mentre un grassone si allontana su un carro, berretto rosso, vestito bianco, cintura verde, ed è proprio il tricolore italiano. C’è anche D’Annunzio, a Lokev, maligno seminatore di zizzania mentre il Cristo, al centro, distribuisce buoni semi nella terra fertile. E così in decine di chiese, da Trieste all’Istria al monte Lussari.

ERANO I PRETI sloveni della fascia oggi confinaria, dall’alta valle dell’Isonzo al Quarnaro, che chiamavano Kralj a decorare le chiese: in un’epoca in cui il nazionalismo italiano aveva distrutto tutte le istituzioni economiche e culturali slovene ed espulso la maggior parte dei ceto medio colto, la fusione tra Organizzazione sacerdotale di San Paolo ed il partito popolare sloveno, di chiara matrice clerico-conservatrice, genera l’Organizzazione segreta cristiano-sociale che ottiene un finanziamento solido e regolare da uno dei principali politici del Regno di Jugoslavia, Anton Korosec. Nessun aiuto, invece, dal Vaticano che era visto dall’Organizzazione segreta come un potere che condivideva le responsabilità del fascismo nel soffocare le aspirazioni culturali e di salvaguardia dell’identità delle popolazioni slovene, specialmente dopo la destituzione dell’ultimo vescovo sloveno della regione nel 1931. Tutta la popolazione slovena era obbligata ad esprimersi esclusivamente in italiano ed i membri dell’Organizzazione si adoperavano perché l’identità nazionale non andasse perduta: stampavano di nascosto libri in sloveno, organizzavano cori e incontri musicali, raccoglievano i bambini in piccole scuole clandestine di paese e si rivolgevano a Tone Kralj e ai suoi dipinti.

TONE KRALJ, dopo aver assaggiato il fango velenoso della guerra sul Piave, aveva assistito inerte e rabbioso alle conseguenze del Trattato di pace che, su una popolazione totale di 1,3 milioni di sloveni, ne aveva lasciati in Italia circa 327.000; poi la politica di violenta italianizzazione che aveva causato l’emigrazione di massa degli sloveni dal Litorale e da Trieste. Inerte proprio no: forte della sua unica arma, l’arte, aveva collezionato una serie di dipinti a olio su faesite, come proprio «Rapallo», oggi al museo di Koper, quadro terribile, con la Slovenia nelle sembianze di una donna legata e trafitta, assalita da lupe (capitoline), intorno le maschere delle potenze vincitrici e Mussolini che le addenta una gamba.

POI LA SECONDA guerra mondiale e la Slovenia che viene letteralmente sezionata: annessa alla Germania e all’Italia fascista, la regione del Prekmurje a est annessa all’Ungheria e alcuni villaggi della bassa valle della Sava incorporati nello Stato fantoccio nazista croato di nuova creazione. Kralj dipinge «Il Circo nazista», oggi al museo di Tolmin, con una Slovenia prigioniera guardata avidamente da Mussolini a sinistra e dal teschio ghignante di un SS a destra.

Kralj non è stato amato dai critici d’arte e dall’establishment jugoslavo degli anni Cinquanta e certo lui non ebbe alcun timore nel contraccambiare l’antipatia. Anticomunista perché ne temeva l’ateismo, non esitò a mettere all’inferno anche Marx con la sua ricca barba bianca. Per gli sloveni del Litorale/Primorska, comunque, più che un artista è ricordato come una leggenda.

Gli affreschi di Kralj nelle chiese restano una caratteristica unica: non ci sono altri esempi di un così grande numero di raffigurazioni dipinte in così pochi anni. La fretta con cui era costretto a dipingere, però, è anche la causa della fragilità degli affreschi che sono spesso irreparabilmente rovinati dalle ingiurie del tempo. Per l’umidità, molti affreschi sono seriamente compromessi e non ci sono abbastanza soldi per un vero restauro; qualche fonte racconta che gli eredi del pittore preferiscono raccogliere fondi per risanare gli affreschi piuttosto che ricordare le opere di Tone con qualche pubblicazione.

PUBBLICA, invece, perché comunque la memoria resti viva, l’Istituto regionale di Storia delle Resistenza e dell’Età contemporanea della Venezia Giulia: è l’edizione in italiano del prezioso volume di Egon Pelikan, direttore dell’Istituto di Studi storici a Koper, Tone Kralj e il territorio di confine che è stato presentato ieri a Gorizia con il patrocinio di Anpi, Coop, la rivista Isonzo-Soca tra gli altri. Il taglio multidisciplinare rende particolare questo libro che intreccia la vita di Kralj con un discorso storico ricco di informazioni, dati e memorie: davvero molto interessante per conoscere la vita culturale degli sloveni della fascia confinaria, il Litorale/Primorska, tra le due guerre.