Milano è la prima città a reagire. Camera del lavoro, 2 ottobre scorso, sala stracolma. Il neonato «comitato NoPillon» elenca le nefandezze contenute nel ddl 735 e ne chiede non semplici modifiche, ma la tomba.

Dal palco Manuela Ulivi (presidente della casa delle donne maltrattate), Giovanna Fantini (avvocata della Cassa Forense), Paola Lovati (avvocato minorile) e Laura Boldrini denunciano che questo decreto porta una visione adultocentrica, non tiene più conto dell’interesse preminente del minore, non protegge il coniuge più debole o vittima di violenza.

Siccome Milano è una città pragmatica, 4 avvocate hanno scritto le «Pillole di Pillon» (sono su Facebook) per spiegare in modo chiaro che cosa cambierebbe se il ddl passasse.

Ecco le più salienti. Se i figli sono minorenni la mediazione civile diventa obbligatoria, e a pagamento, anche nei casi di separazione consensuale.

I figli hanno doppia residenza e devono dividersi a metà fra due case come pacchi postali.

Si elimina l’assegno di mantenimento e ogni genitore deve partecipare in modo uguale alle spese.

Se un figlio si rifiuta di voler vedere un genitore (di solito il padre), la cosa è considerata un’alienazione da parte dell’altro genitore (cioè la madre) che può essere punito per questo.

Chi resta nella casa familiare paga l’affitto all’altro genitore.

Non è più reato sottrarsi agli obblighi economici verso i figli.

Si deve stendere un piano genitoriale che stabilisca per i figli luogo di abitazione, percorso scolastico, attività extrascolastiche, frequentazioni parentali, amicizie, vacanze.

Dice Manuela Ulivi: «Ammesso che non ci sia violenza, come si fa a decidere tutto ciò a priori?».

Anche Pierfrancesco Majorino, assessore alle politiche sociali del comune milanese, è lapidario: «È vero che le separazioni incidono sull’impoverimento delle famiglie, ma il problema si risolve con un welfare apposito, non con questa porcheria».