«Posa del primo cassone della Nuova Diga Foranea di Genova», il titolo della conferenza di stampa di ieri a Palazzo San Giorgio sede dell’Autorità di sistema portuale. Peccato però che dagli schermi collegati con il mare prospiciente Sampierdarena si è visto arrivare il cassone, rimorchiato dal porto di Vado, galleggiare ma non posarsi sul fondo del mare, nemmeno immergersi. Sarà per i prossimi giorni? Nessuna informazione ufficiale dalle autorità presenti.

NEL SUO INTERVENTO, il ministro Salvini, clou della conferenza, ha ringraziato tutti, compreso l’assente Giovanni Toti presidente della Regione (agli arresti domiciliari per l’inchiesta sulla corruzione nel porto e dintorni) evocato come «coprotagonista del Rinascimento ligure» di cui la diga sarebbe l’emblema, ma ha evitato il merito di «questioni che non mi competono». Per esemplificare il rinascimento ha infine ringraziato la comunità dei liguri citando l’aumento della popolazione regionale nel 2023 (+0,08%), evento atteso da 10 anni, senza però dire che è stato solo grazie agli immigrati.

Per il resto, niente fuochi di artificio né palloncini al cielo per il primo cassone come un anno fa quando fu celebrata in pompa magna la prima gettata in mare del materiale per consolidare il fondo altrimenti limaccioso e cedevole, su cui stendere il basamento di pietre per i cassoni che formano la struttura della diga. Lo slogan della festa «Immersi nel futuro» fu coniato da Webuild capofila dell’appalto più ricco del Pnrr italiano, a oggi 1 miliardo ma già in predicato di salire a 1,5-2 miliardi con l’affidamento della seconda fase del progetto, gli extracosti e gli “imprevisti” geotecnici, come da contratto tutti a carico dell’appaltante, l’Autorità portuale. Appalto e contratto denunciati dall’Anac per evidenti forzature delle norme, seppure già derogabili grazie al commissariamento, e per questo sotto la lente della magistratura italiana e europea.

INSOMMA, L’ATMOSFERA non è più la stessa, anzi è decisamente inquieta e ammorbata. Anche perché a distanza di un anno i lavori sono già indietro (a fine 2023 l’avanzamento era a 2,5% invece di 12% del cronoprogramma). Pochi giorni fa, resi coraggiosi o forse preoccupati dall’inchiesta penale, gli uffici di Palazzo San Giorgio, sede dell’Autorità portuale, hanno segnalato perentoriamente a Webuild il grave ritardo, rilevando che non sono stati conclusi i campi prova da cui deriva la sicurezza, preventiva e indispensabile, che le tecniche applicate abbiano rimosso il pericolo di cedimento della struttura. Tant’è che l’operazione di oggi sarebbe stata compiuta senza questo essenziale requisito. Il primo cassone, 40 metri x 25 e alto 22, è tra i più piccoli del progetto, sarà posato a 20 metri nel tratto di mare meno profondo, ma la quota dei prossimi oltre 100 cassoni scenderà sino a 50 metri.

SU QUESTO PUNTO, all’inizio del progetto si era acceso un conflitto sulla tenuta della diga, specie a quella quota e sotto il peso dei cassoni più lunghi 70 metri. Il direttore tecnico, ing. Piero Silva, denunciando l’alto rischio di collasso della struttura, chiese di ridimensionare il progetto conservandone le funzionalità principali. Si sarebbe ridotto altresì il costo usando il risparmio per dare nuove funzioni alla diga, oltre l’unica dichiarata da Signorini l’ex presidente del porto che imbastì l’opera: fare accedere le meganavi portacontainer alle banchine in concessione a Msc e al Gruppo Spinelli. Ma Bucci non lo ascoltò inducendolo alle dimissioni.

Un anno fa Signorini fu l’elogiato padrone di casa. Oggi era assente (non menzionato da nessuno) perché è in carcere imputato di corruzione, con l’onta della pubblicazione di intercettazioni dal tenore infimo. Non c’era inoltre, oltre a Toti, l’imprenditore Aldo Spinelli, imputato per essere stato nella circostanza il corruttore sia di Signorini che di Toti. Solo un anno fa Spinelli appariva al colmo della soddisfazione perché la nuova diga apriva la strada all’estensione della sua banchina e alla vendita a un prezzo maggiorato della sua società titolare della concessione. A causa dell’entusiasmo non ha avuto discrezione con coloro, politici e non, che potevano favorire definitivamente i suoi affari, a cominciare da Palazzo San Giorgio, e non ha smesso di promettere di ripagarli in tutti i modi, anche fuori di metafora.

MA IL SOGNO DI SPINELLI non finisce qui, c’è da scommetterci. La diga pare che la vogliano quasi tutti a Genova, non solo lui per i suoi affari. A destra appaiono unanimi, a sinistra invece l’opposizione ha di recente tentato di frenare, finalmente risvegliata dagli arresti. Molti pensano che sia l’ultima chance per invertire il declino della città e anche del suo porto. Un porto deve pensare all’evoluzione dei traffici e dell’economia del mondo, da cui i traffici derivano, e alle nuove tecniche di trasporto. Ma quello che questa classe dirigente, commissariale o meno, ha mostrato di non possedere, oltre alla integrità morale e professionale di alcuni, è la capacità di indicare nel progetto un perché della diga che sia credibile e motivato sotto il profilo dell’interesse generale e non di quello particolare di alcuni privati gruppi economici. Così come saperla realizzare sotto il profilo tecnico e finanziario in maniera efficace e congrua, senza servire in primo luogo gli interessi dei costruttori e non quelli della spesa pubblica.