L’Università San Carlos del Guatemala (USAC), l’unica università pubblica del paese, è occupata da collettivi studenteschi da più di 8 mesi. I muri del viale che porta al campus sono coperti da manifesti e graffiti che denunciano la frode elettorale del rettore “usurpatore” Walter Mazariegos e l’ingerenza dei gruppi mafiosi che hanno cooptato la scuola. Una ragnatela di filo spinato circonda l’ingresso principale dell’USAC circondato da transenne, striscioni e pneumatici. L’entrata dell’Università è presidiata da giovani con il volto coperto dai passamontagna e i cappucci tradizionali delle organizzazioni studentesche. Si fanno chiamare “la Resistenza” e combattono la rigidità del clima invernale discutendo intorno a un falò mentre un elicottero sorvola le facoltà deserte.

L’edificio che ospita il rettorato (foto di Gianpaolo Contestabile)

 

L’OCCUPAZIONE DELL’USAC è iniziata il 19 maggio 2022 quando, durante le elezioni del nuovo rettore, i rappresentanti elettorali che non appartenevano al gruppo politico di Walter Mazariegos sono stati esclusi con gabole formali, mentre altri sono stati respinti dalle forze di polizia e da gruppi armati. Nelle manifestazioni che hanno preceduto l’occupazione, uno studente di medicina ha ricevuto un proiettile di gomma e un lacrimogeno sulla gamba, non ha potuto camminare per mesi. «La frode – racconta – è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso: c’era la possibilità di avere elezioni pulite per la prima volta, e un personaggio che non si era sporcato poteva diventare rettore. Quando ci hanno tolto questa speranza, abbiamo deciso di occupare». Il giovane chiede di restare anonimo, e come lui tutti, studenti e docenti impegnati nell’occupazione, preferiscono non rischiare.
Le elezioni fraudolente le ha vinte Walter Mazariegos, ex preside della Facoltà di Lettere e Filosofia la cui carriera è iniziata quando il suo predecessore fu assassinato da un commando professionista. L’elezione di Mazariegos è stata appoggiata da funzionari dei servizi segreti e personaggi legati a gruppi del narcotraffico internazionale.

PER CAPIRE LA SUA IMPORTANZA strategica, basti sapere che l’USAC è costituita da distaccamenti e istituti professionali situati in tutto il paese, molti dei quali sono ad oggi occupati dalla Resistenza. Secondo la costituzione guatemalteca, all’Università San Carlos spetta il 5% del bilancio nazionale, la nomina di un magistrato della Corte costituzionale e di un membro del Consiglio Monetario e la possibilità di proporre nuove leggi al Congresso della Repubblica. Secondo un professore della facoltà di ingegneria «l’università è l’ultimo baluardo che abbiamo di un’istituzione democratica nel Paese. Il resto delle istituzioni è cooptato, pieno di agenti oscuri, di gente legata al crimine organizzato e di élite con un’agenda antidemocratica».

L’ingresso dell’USAC (foto di Gianpaolo Contestabile)

 

L’USAC è stata una delle più audaci fonti di dissenso nella storia del Guatemala. Durante la rivoluzione del 1944 la lotta del movimento studentesco portò alla caduta della dittatura del generale Jorge Ubico. Durante il Conflitto interno iniziato negli anni ’60, le organizzazioni militanti dell’USAC subirono una repressione brutale che portò alla sparizione forzata, alla tortura e all’omicidio di diversi giovani. I loro nomi e volti sono sparsi in vari luoghi del campus, li chiamano «i nostri martiri».

foto di Gianpaolo Contestabile

Secondo il professore di ingegneria «stanno continuando lo stesso attacco all’università che negli anni Ottanta si faceva con le pallottole, eliminando le migliori menti dell’università. Ora lo stanno facendo con meccanismi più sottili, hanno iniziato a mettere i loro professori nelle facoltà più importanti, hanno iniziato a occupare le posizioni dirigenziali, vogliono neutralizzare l’Università San Carlos come istituzione democratica. Quello che i giovani stanno facendo è uno dei pochi barlumi di speranza che abbiamo per il nostro paese, se perdiamo l’Università di San Carlos siamo un passo più vicini all’abisso».

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, il politico della destra conservatrice Alejandro Giammattei, ha contratto debiti con alcune banche straniere che stanno imponendo al governo guatemalteco una riforma universitaria. Secondo un militante della facoltà di giurisprudenza: «Le banche non indebitano un paese se non in cambio di qualcosa, vogliono che la conoscenza prodotta nell’università si trasformi in una merce utile per la modalità estrattivista di educazione che stanno promuovendo; alla fine, ciò che sta dietro la cooptazione di Mazariegos è la privatizzazione dell’università».

Se la presa dell’USAC infastidisce la classe politica e imprenditoriale, la solidarietà è arrivata da tutto il territorio di Iximulew, la Terra del Mais, in lingua Maya, che si estende oltre i confini dello stato guatemalteco. Organizzazioni contadine, i popoli originari che abitano e difendono Iximulew, sindacati di base, organizzazioni popolari e consigli indigeni hanno appoggiato la lotta studentesca costruendo una cucina popolare nel campus e sfilando a fianco delle organizzazioni studentesche.

NEI CORTEI CON LE PRIME LINEE del movimento studentesco sfilano le donne del Municipio Indigeno di Palín impugnando i bastoni tradizionali delle autorità ancestrali. A Palín, le comunità del popolo Poqoman hanno recuperato più di mille ettari di terre comunali che erano state espropriate dallo Stato per cederle ai funzionari dell’USAC. Il Municipio è composto principalmente da donne: «Sono loro che prendono la parola, portando avanti la lotta per il riconoscimento dei nostri diritti collettivi. Ma abbiamo osservato con ammirazione anche il ruolo dei nostri fratelli uomini – spiega Alida, avvocata e autorità tradizionale – che hanno sostenuto la leadership delle abuelas» . La loro esperienza le ha portate a sostenere la lotta dei patojos, come chiamano affettuosamente i giovani. E ad affrontare la polizia antisommossa con autorità e fermezza: «Siamo d’accordo con la lotta dell’Università San Carlos perché siamo convinte che l’educazione debba essere pubblica, autonoma, gratuita e universale per tutte le giovani».

Gli attacchi alla Resistenza sono continui, gli studenti impegnati nella lotta vengono ricattati dagli insegnanti, espulsi dall’Università, calunniati sui social network, minacciati di morte insieme ai loro familiari. Ci sono quattro studenti sotto processo. La persecuzione giudiziaria genera ansia, depressione, stress post-traumatico.

foto di Gianpaolo Contestabile

 

GLI STUDENTI SI COPRONO IL VOLTO perché ci sono continui tentativi di identificarli. Una studentessa di scienze umane racconta che «una volta si sono presentati un sacco di poliziotti antisommossa, e passano in continuazione macchine e moto senza targa che fotografano i compagni mentre mangiano senza passamontagna». Gli studenti hanno avvistato diversi droni e frequenti sorvoli di elicotteri e aerei leggeri, «fino a 25 volte al giorno».

La violenza arriva anche dall’interno, gli storici Comitati di Sciopero, simbolo delle prime lotte studentesche, sono stati attaccati e infiltrati fin dai tempi del Conflitto Interno degli anni ’60 e sono stati cooptati quando, con gli accordi di pace degli anni ’90, i gruppi rivoluzionari si sono sciolti per aderire alla burocrazia partitica. Oggi, molti dei Comitati si sono trasformati in gruppi armati con interessi criminali che vengono utilizzati per provocare e frammentare il movimento: «È stato un lavoro sistematico per spezzare la Resistenza dall’interno e dall’esterno», dicono gli studenti. Che aggiungono di non fidarsi neanche dell’Ufficio dei Diritti Umani, «l’unica autorità a cui ci indirizzano», perché «sono collusi con le stesse strutture criminali».

NONOSTANTE LA PERSECUZIONE politica, il Coordinamento generale degli Studenti, che riunisce le diverse organizzazioni in resistenza, non ha ceduto ai tentativi di corruzione e alle minacce: «Noi non abbiamo l’ obiettivo di diventare “martiri”, vogliamo che la nostra lotta trascenda le generazioni e si moltiplichi, rendendo l’università più grande e più fruttuosa per avere una cultura contro-egemonica che possa provocare una trasformazione sociale in tutto il paese».