«I partigiani hanno combattuto e sacrificato le proprie vite contro persecuzioni e stermini. E ci hanno donato il nostro futuro». A poche centinaia di metri dal Campidoglio, mentre la sindaca di Roma Virginia Raggi pronunciava queste parole nell’aula consiliare in apertura dell’iniziativa «L’antifascismo in marcia» promossa dall’Anpi, Maurizio Boccacci, famigerato leader di Militia e prima di Movimento politico, veniva fermato in piazza Montecitorio mentre tentava di issare una bandiera con fascio littorio per commemorare la «Marcia su Roma», e denunciato per apologia del fascismo. Poco più a est, dentro il cimitero monumentale del Verano si ripeteva la triste scena di una quarantina di attempati signori e signore (alcuni sono stati portati in commissariato e identificati) che deponevano una corona di fiori nella cappella dedicata ai «Martiri fascisti», senza osare di uscire nella città dei vivi.

Intanto Forza Nuova, arresasi davanti ai divieti (anche del ministro Minniti), annunciava via Fb (neppure cento like e una manciata di condivisioni) che la manifestazione celebrativa della marcia fascista del 1922 prevista per ieri si farà, ma il 4 novembre. A completare il quadro di una giornata che rappresenta bene l’alternante rapporto dell’Italia con il proprio nefasto passato c’è un ex ministro ed ex governatore del Lazio, Francesco Storace, oggi presidente di quel Movimento Nazionale per la Sovranità nato all’inizio dell’anno (segretario l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno) che secondo Berlusconi «saprà essere parte integrante di un centrodestra che possa candidarsi a governare il Paese», che definisce «patetici i reduci antifascisti che si “difendono” dal 28 ottobre», e dà appuntamento al 2022 per la riscossa.

Nell’attesa, in Campidoglio  tutti hanno cantato «Bella ciao». Anche Virginia Raggi, che però ha posto anche il problema di «trovare nuove forme e modalità affinché la memoria resti sempre viva e accesa» davanti alle «nuove generazioni che percepiscono gli anni bui del Ventennio come assai lontani nel tempo». Raggi ha ricevuto una lettera dalla presidente della comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello che non ha potuto partecipare alla cerimonia a causa della «coincidenza con lo shabbat». Un atto che paga l’impegno della sindaca nel tentare la riconciliazione tra l’Anpi e la Comunità ebraica, dopo le lacerazioni dello scorso 25 aprile che li ha visti celebrare separatamente la Liberazione d’Italia. «Di fronte al risorgere di nazionalismi e populismi è bene tenere la guardia sempre alta, non possiamo permetterci che nascano nuovi fascismi nel cuore della nostra società», scrive Dureghello che si felicita per la reazione unanime di istituzioni e società civile contro «l’ipotesi di una nuova marcia su Roma».

«Questa giornata non è solo la risposta a una provocazione – ha detto il presidente nazionale dell’Anpi Carlo Smuraglia in aula Giulio Cesare – ma l’inizio di una nuova era della tolleranza zero: di fascisti con camice nere o di ogni altra forma non ne vogliamo più sapere». Perché di «quel lontano 28 ottobre 1922 non possiamo e non dobbiamo dimenticare la lezione», ha aggiunto il segretario confederale della Cisl, Andrea Cuccello, «dal momento che siamo purtroppo in una epoca che ha delle analogie sul piano delle paure e delle incertezze, con rigurgiti pericolosi di xenofobia ed antisemitismo nella società italiana».

Per il momento Roma ha reagito, e bene. «La nostra città, medaglia d’oro della Resistenza, e questa istituzione che rappresento – ha giurato il presidente dell’Assemblea capitolina, Marcello De Vito – non possono tollerare intimidazioni e provocazioni di matrice fascista e xenofoba che mettano in discussione i valori costituzionali in cui crediamo e che hanno favorito la crescita civile del nostro Paese».