Ieri il Joint Investigative Team (Jit), il gruppo investigativo formato da Olanda, Australia, Belgio, Malesia e Ucraina ha confermato la propria convinzione: fu un missile russo modello Buk 0M38 ad abbattere il Boeing malese nei cieli del Donbass ucraino il 17 luglio del 2014. Il volo MH-17 della Malaysia Airlines con 298 passeggeri a bordo venne abbattuto in una zona in cui si stavano svolgendo violenti combattimenti tra l’esercito regolare e le truppe delle repubbliche separatiste filo-russe.

Le conclusioni sono state annunciate in conferenza stampa a Utrecht da Wilbert Paulissen, capo del team investigativo. Per Paulissen, «l’operazione fu condotta dalla 53esima brigata missilistica antiaerea di Kursk dell’esercito della Federazione Russa. Non si trovò traccia in seguito del sistema antimissile perché il carro che trasportava il missile fu portato in Ucraina orientale passando per Krasnodon e poi riportato indietro in Russia subito dopo l’abbattimento».

Il ministero della difesa russa ha replicato alle accuse con un comunicato diffuso nel pomeriggio. «Il nostro ministero, sin dalle prime ore dopo la tragedia ha ufficialmente respinto l’insinuazione ucraina sul presunto coinvolgimento di militari russi nell’abbattimento del velivolo» e ha ricordato la mancanza di imparzialità del team investigativo a cui la Russia non è stata chiamata a partecipare. Il governo russo ha anche «deplorato ed espresso preoccupazione per il fatto che gli investigatori olandesi che hanno indagato sull’incidente abbiano usato solo immagini rintracciate sui social network che sono state sapientemente elaborate da strumenti di editing di grafica per computer».

Nel 2014 la vicenda provocò un ampio dibattito internazionale. Un osservatore neutrale come Noam Chomsky, pur non negando la possibilità che il Boeing fosse stato abbattuto dai russi, ricordò però il comportamento «cinico e irresponsabile delle autorità ucraine che non avevano fatto chiudere lo spazio aereo nella zona».

Non bisogna essere particolarmente maliziosi per non sospettare sulla puntualità con cui sono giunte le conclusioni del Joint Investigative Team. Nei giorni scorsi Putin aveva proposto all’Ucraina, con il beneplacito della cancelliera Merkel, di aprire sui gasdotti russi che transitano in quel paese una trattativa che affrontasse di concerto anche la questione della pace nel Donbass, proposta sdegnosamente subito respinta dal presidente ucraino Poroshenko.

Il tentativo di Putin di disinnescare la crescente tensione in Ucraina orientale si baserebbe – secondo il moscovita Kommersant – sulle preoccupazioni sorte al Cremlino dopo la lettura dei dossier che circolano sulle scrivanie del ministero degli esteri. Nella settimana tra il 14 e il 21 maggio gli osservatori Osce hanno osservato una recrudescenza degli scontri a fuoco nel Donbass. Secondo l’Osce, «nel periodo citato si sono registrate 7.700 violazioni del cessate il fuoco». Una situazione ben nota al Cremlino che parla anche di «azioni diversive, distruzione di infrastrutture» da parte dell’esercito ucraino.

Secondo le fonti riservate di Kommersant, «Mosca teme un inasprimento del conflitto da parte ucraina proprio durante i campionati mondiali di calcio» che inizieranno tra non più di tre settimane in Russia.

Anche per questo Putin avrebbe sperato di fare dei passi avanti nella trattativa sul Donbass nell’incontro che si terrà oggi con Emmanuel Macron a San Pietroburgo. Una speranza che ora il macigno delle conclusioni dell’inchiesta sull’abbattimento del Boeing malese, potrebbe far tramontare definitivamente.