«Non possiamo più perdere tempo, dobbiamo mettere a frutto tutte le nostre energie per portare avanti un cambiamento» scrivono Marcella Mallen e Pierluigi Stefanini, presidenti dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) nella premessa al rapporto «I territori e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile». Sembra di sentire il segretario delle Nazioni Uniti a Glasgow e a un mese dalla Cop26 un filo rosso e teso collega l’analisi della situazione italiana presentata ieri a Roma alla Conferenza Onu sui cambiamenti climatici.

CON IL SUO LAVORO ASviS, una rete nata nel 2016, monitora se e in che modo l’Italia e i suoi territori riusciranno a raggiungere i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dalle Nazioni Unite per il 2030. Il rapporto, alla seconda edizione nel 2021, oltre a descrivere l’impegno delle istituzioni locali nel progettare e nel realizzare piani strategici in linea con gli Obiettivi dell’Agenda 2030, elabora una serie di indici compositi per Regioni, Province che misurano le distanze dai target quantitativi. Le valutazioni confermano un «forte ritardo, aggravato dalla crisi pandemica, verso l’attuazione dell’Agenda 2030», evidenziando come «in molti casi le disuguaglianze economiche, sociali e ambientali siano in aumento nel nostro Paese».

L’ITALIA SI CONFERMA dunque sempre più un Paese diseguale. Tra i punti più dolenti rispetto agli obiettivi di sviluppo sostenibile ci sono l’efficienza energetica (oltre il 95% delle Regioni e delle Province autonome con andamento negativo) e l’ambiente: nessun ente territoriale è in linea con il raggiungimento del target sulle aree marine protette.

IL RAPPORTO EVIDENZIA che, sulla base delle tendenze, se sarà confermato l’andamento registrato, l’Italia potrebbe riuscire a centrare o ad avvicinarsi solo a 7 dei 32 target quantitativi. Tra questi ci sono la diffusione dell’agricoltura biologica, i consumi di energia e la percentuale della raccolta differenziata e del conseguente riciclo di rifiuti. Negative o decisamente negative appaiono invece le tendenze su 15 target quantitativi, tra cui povertà o esclusione sociale, parità di genere nell’occupazione, emissioni di gas serra, qualità dell’aria. Andando ad analizzare i singoli obiettivi, circa il 50% dei territori sono molto indietro per quanto riguarda la riduzione degli incidenti stradali e delle disuguaglianze nel reddito.

IL 60% NON RAGGIUNGERÀ i target su rinnovabili, incremento del tasso di occupazione, aumento della spesa per ricerca e sviluppo, riduzione dei rifiuti prodotti. Più dell’80% dei territori si allontana dagli obiettivi di efficienza delle reti idriche, riduzione della quota dei giovani che non studiano e non lavorano (Neet) e riduzione delle emissioni di gas serra. Pochi gli ambiti in cui le istituzioni locali si stanno muovendo: agricoltura “bio” (oltre l’80% ha già raggiunto il target o mostra trend positivi), riduzione dei tempi della giustizia (più del 60%), diminuzione della mortalità per malattie non trasmissibili e dell’abbandono scolastico (oltre 50%). L’ANALISI di ASviS rileva come le disuguaglianze tra Province siano aumentate su istruzione, lavoro e crescita economica, innovazione e infrastrutture, ecosistemi terrestri, giustizia e istituzioni solide.

IL RAPPORTO ASVIS DIALOGA con la Roadmap 2.0 proposta da Italy for Climate per raggiungere la neutralità carbonica entro la metà del secolo, perché l’Italia (sempre più) diseguale ha rallentato il passo anche sulla strada della decarbonizzazione: dal 2014 e il 2019 le emissioni si sono ridotte di appena 10 milioni di tonnellate di CO2eq, mentre tra l 1990 e il 2019 si è assistito ad un aumento dei consumi di energia + 9% con le rinnovabili ferme dal 2015 al 2019 e addirittura diminuite nell’anno della pandemia di circa 400 mila tonnellate equivalenti di petrolio. «Gli obiettivi climatici adottati dall’ Italia con il Piano nazionale per l’energia e il clima non sono in linea con i nuovi target europei. L’Italia deve fare di più» ha spiegato Edo Ronchi, Presidente Fondazione Sviluppo Sostenibile e promotore di Italy for Climate. La Roadmap 2.0 prevede una riduzione delle emissioni del 55% al 2030 rispetto al 1990, a fronte del taglio del 19% registrato al 2019.

PER FARE questo in appena un decennio sarà necessario ridurre i consumi energetici di circa il 15% e raddoppiare la produzione di energia da fonti rinnovabili. Si deve lavorare sugli edifici (che consumano il 40 per cento dell’energia) e sui trasporti, che in trent’anni non hanno tagliato di una virgola le proprie emissioni.