I medici scioperano di nuovo: è la terza volta in un mese, dopo lo sciopero generale di Cgil e Uil del 17 novembre e l’astensione proclamata dall’Anaao e altre sigle il 5 dicembre. Ma guai a parlare di frammentazione. «Quella che chiamate frammentazione in realtà moltiplica le occasioni di comunicazione» dice Aldo Grasselli, segretario della Fvm, una delle sigle del terzo cartello sindacale in piazza contro la finanziaria del governo Meloni. «La nostra mobilitazione è in continuità con quelle precedenti» gli fa eco Alessandro Vergallo dell’Aaroi-Emac (anestesisti, rianimatori e medici di emergenza). A parte la ricerca di visibilità che ha condotto a convocazioni separate, in effetti la piattaforma delle mobilitazioni è identica.

Il primo obiettivo è il ritiro del taglio alle pensioni dei medici previsto all’articolo 33 della manovra. L’altro è la denuncia del definanziamento della sanità pubblica, che la retorica governativa nasconde sempre più a fatica. «L’aumento dei finanziamenti assoluti in realtà non recupera nemmeno l’inflazione» spiega Grasselli «e non basta ad accorciare le liste d’attesa, come sanno bene i cittadini». I tagli, dicono i medici, aprono la strada agli imprenditori della sanità privata e alle cooperative dei medici «gettonisti».

I pochi soldi residui finiscono alle clientele amiche della destra, fa capire Roberta di Turi (Fassid): «il governo ha deciso di girarne ben 230 alle farmacie per remunerare la distribuzione diretta dei farmaci ospedalieri, di cui beneficia solo una piccola minoranza di pazienti». D’altronde, il settore gode dell’attenzione interessata del potente sottosegretario alla salute meloniano Marcello Gemmato, titolare lui stesso di quote di farmacie nella Puglia natìa.

L’adesione ufficiale avrà un significato relativo. I medici delle terapie intensive e dei pronto soccorso devono garantire i servizi essenziali. Quindi solo poche migliaia di loro potranno davvero scioperare. Il medico fa bene a spiegarlo, dopo la girandola di cifre sull’adesione allo sciopero del 5 dicembre: 87% secondo i sindacati, 3% per il governo. Vergallo la ribattezza la «finzione pubblica»: «un’adesione ufficale del 3% stavolta rappresenterebbe una partecipazione totale».

Nonostante regole già rigide, anche per il 18 il diritto allo sciopero è a rischio. «Gli industriali del settore premono sui prefetti per ottenere la precettazione» denuncia Grasselli. «Temono lo sciopero dei medici veterinari che devono certificare la sicurezza dei prodotti agro-alimentari. Senza i loro controlli, le consegne natalizie sono a rischio».