«Restano due zone di fuoco in Italia: ovvero Napoli, dove si spara e si uccide, e la provincia di Foggia. Meno sangue e meno armi, ma le organizzazioni mafiose sono forti e operative: hanno mezzi, strumenti e velocità. Sono infiltrate in maniera reticolare e nessun territorio è immune. Sono dove si possono fare affari ed intrecci, dove c’è una accentuata vocazione imprenditoriale. Hanno successo perché sanno avvalersi del sostegno, della cooperazione e delle competenze di terzi». Don Luigi Ciotti, presidente di Libera, nel Congresso italiano dell’Arci, a Pescara, snocciola alcune verità dell’ultimo rapporto della Commissione nazionale antimafia.

«C’È UNA CRIMINALITÀ economica – dice – che, nella cosiddetta area grigia, si salda alla criminalità politica, che si unisce alla criminalità organizzata. È necessario – tuona il sacerdote – liberarsi dalle paure. Che sono nella solitudine, nella perdita di legami sociali, nel vuoto culturale, nella mancanza di lavoro, nell’analfabetismo di ritorno. È necessario – aggiunge – tornare nelle strade, perché la strada ci ha educato a mettere al centro le persone». E sui migranti: «Fuggono dalla povertà, dai disastri ambientali, dai conflitti e dalle guerre, cercando una libertà, una dignità, una terra promessa. Allora l’immigrazione non può essere un reato, perché la speranza non è un reato».

NELLA TERZA GIORNATA di lavori e di serrati confronti, l’Arci dà spazio ai partiti. Sfila la sinistra uscita a brandelli dalle ultime elezioni, sfiancata «dalla marea gialloverde». Come si reagisce? «Con un nuovo impegno – dice Maurizio Martina, reggente del Pd. So da dove possiamo ripartire – dichiara -: da mille progetti di comunità che impegnino iscritti e militanti sui bisogni quotidiani. Come fanno i nostri giovani al Laurentino 38 quando aprono la sede per fare ripetizione scolastica ai ragazzi del quartiere. Come fa Roberto Morgantini coi suoi volontari alle Cucine popolari di Bologna o come accade con le magliette gialle democratiche, che puliscono parchi e verde urbano, ad esempio, a Roma. Dobbiamo dare forma stabile a tutto ciò con un disegno che chiarisca il nostro impegno democratico».

«IL PATTO DI GOVERNO Lega-5Stelle – attacca Susanna Camusso, leader Cgil – acuirà le diseguaglianze, con un sistema fiscale che va nella direzione che chi ha molto paga di meno e chi ha poco diventa il maggior contribuente. Ricompare lo sfruttamento, nell’industria 4.0 e nel settore agricolo. È un patto in cui c’è assenza di solidarietà e che intende armare il Paese, dato che ritiene possibile possedere e utilizzare armi. È difficile immaginare solidarietà se ci sono armi in ogni vicolo, in ogni edificio».

MAURIZIO ACERBO, segretario di Rifondazione comunista, ricorda «l’Arci col volto di Tom Benettollo… Era estate, era l’agosto 1983, e arrivammo a Comiso per opporci all’installazione dei Cruise, per impedire agli automezzi militari di portare i missili nucleari… Quello che possiamo fare oggi tutti insieme – rimarca – è costruire movimenti per la pace e la solidarietà e contro l’imbarbarimento della società italiana, rifiutando di farci arruolare nelle improbabili linee di Calenda e del Pd». Per Nicola Fratoianni, segretario Sinistra italiana, e Arturo Scotto, di Mdp, occorre «una decisa reazione contro la destra che avanza, con una svolta su questioni migratorie e sociali».

A LORO SI UNISCONO le innumerevoli voci dell’Arci. A partire da quella della presidente onoraria dell’associazione, Luciana Castellina, che citando il film Il giovane Marx, ricorda che «la lotta di classe è l’anima della storia» e sottolinea che la sinistra «non è riuscita a farsi carico di quella ricomposizione sociale dalla quale può dipendere un cambiamento». «L’Arci – incalza – è bestia anomala ma preziosa. È  bello che Valerio Tuccelli, dell’Unione riders di Bologna, sia stato qui a raccontarci la frantumazione del lavoro, che ha riflessi anche sulla cultura. E’ all’origine dell’esasperato attuale individualismo. Ciò pone ai nostri circoli un problema nuovo: interpretare le culture che ne sono derivate, perché senza questa conoscenza non saremo più capaci di svolgere il nostro ruolo».

È UN’ARCI DOVE i giovani chiedono «più attenzione ai circoli, una propria identità, un progetto critico, autonomo, moderno e condiviso», come evidenzia Marcello Marano, che arriva da Bologna.

È un’Arci che «vuole tornare nelle piazze, dimostrando la forza della disobbedienza civile, pacifica e potente», come spiega Lucrezia Brienza, 24 anni, di Modena. Parola chiave continua ad essere anche «resistenza«. «E qui – rileva Lino Salvatorelli, presidente uscente Arci Abruzzo – siamo nella regione della Brigata Maiella. Nella regione che si è ribellata alla devastazione del territorio da parte delle compagnie petrolifere; nella regione dove è nato il referendum antitrivelle».