Dal fondo di piazza Maidan si sentono delle urla, alcuni ragazzi si stanno rincorrendo. Subito degli uomini vestiti di nero con il passamontagna puntano i kalashnikov, gli urlano di fermarsi, c’è un momento di panico prima di capire che erano solo adolescenti colti da una strana euforia. È sera a Kiev, la sera di una giornata lunghissima iniziata all’alba con le sirene e un altoparlante che diffondeva un messaggio registrato.

I RUMORI DELLE BOMBE non sono arrivati fino in centro nella notte ma il risveglio è stato accompagnato dalle notizie dell’invasione russa. In tutta l’Ucraina ci sono state «azioni militari mirate», come le ha chiamate il presidente russo Vladimir Putin. Un altro modo per dire che l’ennesima esplosione di follia diplomatica (e mediatica) alla quale il mondo assiste da oltre un mese è arrivata al suo apice.

Da ieri notte non è più il tempo delle dichiarazioni e delle smentite, delle minacce e delle promesse, è tornato il tempo della violenza a scena aperta. La presa dell’aeroporto di Kiev da parte delle truppe russe era già una notizia stamattina, a metà giornata si è iniziata diffondere la voce che anche l’aeroporto militare fosse caduto in mano russa. Ad ogni modo, lo spazio aereo era già chiuso.

Si è provato a capire per tutto il giorno se davvero i russi avessero intrapreso anche delle azioni via terra ma, ad ora, non ci sono conferme definitive. La notizia più inquietante, per gli abitanti della capitale ucraina è quella che dei reparti speciali di paracadutisti sarebbero atterrati a pochi chilometri dalla capitale. Intanto si parlava di Kharkiv, dove l’aeroporto ha seguito la stessa sorte di quello di Kiev, e dove gli scontri nelle basi militari si intensificano da stamattina. Sono arrivate notizie da Mariupol e da Odessa.

Mariupol, colpita duramente è la prima città dalla quale sono arrivate informazioni verificate di morti tra i civili. Della seconda si diceva che reparti anfibi fossero entrati dal porto ma, ad ora, sappiamo che ci sono circa venti vittime civili confermate e che anche qui alcune batterie sono state colpite. Inoltre ci sono le notizie sugli abbattimenti di velivoli, ma da una parte e dall’altra non è chiaro chi stia avendo la meglio.

A KIEV, DA IERI MATTINA è in atto la fuga verso ovest. Strade occupate solo da gente che a passo spedito portava valigie e zaini fino alle stazioni della metro, da famiglie intente a sistemare i bambini sui seggiolini e a caricare i portabagagli e da militari. I suoni delle sirene delle ambulanze o delle forze dell’ordine hanno rappresentato la colonna sonora di tutta la giornata e un cielo plumbeo ha fatto da sfondo. A infastidire quei pochi che non hanno seguito le consegne di sicurezza e sono usciti, una pioggia sottile che scendeva di traverso e si infilava negli occhi.

Fino a metà mattinata tutti i bancomat, le banche, le poste, sono state letteralmente spogliate delle riserve monetarie. Man mano che la giornata proseguiva erano sempre di meno gli sportelli dove si poteva ancora ritirare. Il che ha determinato una crescente sfiducia verso la tecnologia e il ritorno al contante come sola moneta di scambio. Al rientro in hotel era praticamente impossibile pagare con la carta di credito, ammesso che si fosse trovato qualcosa da comprare.

FIN DALLE PRIME ORE DI LUCE, infatti, i supermercati, i negozi di alimentari, le frutterie, i chioschi vari sono stati privati di ogni provvista. Tutti si spostavano con delle damigiane d’acqua in mano, alcuni anche con più di una. Dopo pranzo gli scaffali sembravano reduci da un’invasione di cavallette.

Eppure, persino ieri, quei pochi che hanno acconsentito a rilasciare dichiarazioni, si sono lasciati sfuggire che non bisognava cadere nel panico. Che l’esercito ucraino stava dando filo da torcere ai russi e che si era fiduciosi. Non si tratta di giudicare queste affermazioni nel merito, ovviamente, ma di riportare che strani scherzi faccia la confusione. E il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, non ha sbagliato per tutto questo tempo a dire che non c’era bisogno di alzare i toni e di spaventarsi?

«PER ORA DOBBIAMO STARE UNITI, ci sarà tempo, dopo, per vedere chi ha sbagliato» mi risponde con inusitata maturità Igor, un ventenne carico di bagagli di fronte alla madre che gli ricorda di sbrigarsi. Già, perché anche gli interpreti sono scappati, il mio stanotte ha inviato un messaggio dicendo che se ne andava dalla capitale per ricongiungersi con la famiglia più a ovest, come biasimarlo?

 

La metro di Kiev utilizzata come rifugio anti-aereo (Ap)

 

La novità, però, me la spiega Max: «Se vuoi registrare l’audio ok, però il video preferisco di no». Perché? «Perché tra dieci giorni qui potrebbero comandare i russi e sono sicuro che inizieranno a controllare i filmati e a colpire gli oppositori». Difatti, quasi nessuno si vuole far riprendere.

L’ALTRA NOVITÀ, di più immediata comprensione, sono le armi. Da stamattina di fronte al municipio c’è un gazebo rosso e nero con la scritta «Pravyi Sektor» in evidenza. Si tratta di uno dei gruppi paramilitari di volontari che dal 2014 in poi hanno più fatto parlare di sé per l’impostazione neonazista dei suoi capi e per le azioni violente. Una discreta quantità di civili si è presentata durante l’arco della giornata per “prendere servizio” con una firma al banchetto. Tutto intorno zaini da campeggio, equipaggiamento, sacchi a pelo e armi.

Più tardi le strade si popolano di gruppi armati che in alcune zone presidiano un incrocio e in altre fanno la ronda. Molti non hanno mostrine, è difficile dire se siano forze regolari o no e, in ogni caso, all’imbrunire ieri sera i civili che camminavano con armi in braccio o con custodie di fucili erano molti. Insieme ai militari, che sono in stato di allerta, contribuiscono a dare alla città un’aria tetra, da resa dei conti casa per casa. Lo scenario peggiore.

Infine, a coronamento di questo scenario tremendo, c’è il fatto che il rombo degli aerei sulla testa si fa sempre più frequente. Tutti sanno che lo spazio aereo è chiuso, quindi possono essere solo bombardieri. Nel pomeriggio le sirene hanno risuonato due volte, per strada tutti sono corsi verso i tunnel della metro o i sottopassaggi. Per fortuna era un falso allarme.

PUTIN HA PIÙ VOLTE DICHIARATO che non è interesse delle forze armate russe colpire obiettivi civili, ma ha aggiunto però che questo dipende dalle reazioni. «Se qualcuno interferisce la nostra reazione sarà immediata e tremenda. Chiediamo al popolo ucraino – ha aggiunto – di rinunciare alle armi e all’ingresso nella Nato, permanentemente», come se ci fosse spazio per il dialogo quando l’esercito nemico è già in casa tua e la capitale del tuo stato respira terrore a ogni angolo.

 

Errata Corrige

Cronaca di una giornata infinita nella capitale ucraina, iniziata all’alba con le sirene e finita con le ronde di miliziani nelle strade. «Ora restiamo uniti». Gli scaffali vuoti e la grande fuga verso ovest, mentre «Pravyi Sektor» arruola gli ultimi volontari. Le truppe russe a pochi chilometri