Il primo messaggino di allarme arriva già nella notte: «Amici, sta accadendo quello che ci aspettavamo, per cui siamo già preparati. Il nostro lavoro non sarà in alcun modo intaccato». Lo manda da San Pietroburgo Elena Popova, la leader del Movimento degli Obiettori di coscienza russi.

Nello scontro tra le truppe di Prigozhin che avanza verso la capitale, e la corte di Putin barricata al Cremlino, c’è una vasta terra di nessuno nella quale ci stanno loro, i pacifisti, che dal primo giorno hanno rifiutato la guerra e ora si trovano al centro dello scontro tra due bande militari.

DARYA BERG è un’attivista nonviolenta russa esule in Georgia, coordinatrice dell’organizzazione antimilitarista “Go By the Forest” (in russo ha il significato misto di «Scappa, se puoi», ma anche «Vai a farti fottere», rivolto a Putin) che ha lo scopo di aiutare il maggior numero possibile di persone ad evitare di essere coinvolte nel sistema militare: «Il giorno in cui Putin e il suo governo hanno iniziato la guerra in Ucraina, hanno messo la Russia a rischio di: disastri economici, guerra civile e una giunta militare al potere.

La rivolta dei mercenari di Prigozhin è un’escalation di violenza, una minaccia diretta a milioni di civili in Russia, in particolare donne e bambini. I combattenti della Wagner sono principalmente ex detenuti, molti dei quali incarcerati per femminicidi, per violenza domestica contro le donne». È la prima dichiarazione ufficiale del movimento pacifista in esilio, concordata con chi è rimasto ad operare per la pace in patria. Ma ora cosa può fare il movimento pacifista russo? «Come movimento politico che ha a cuore il futuro del nostro paese – prosegue Darya Berg – non possiamo sostenere nessuna delle parti nell’attuale conflitto politico interno. Vogliamo il ritiro delle truppe russe dall’Ucraina, l’arresto dei criminali di guerra (compresi Putin e Prigozhin) e lo sviluppo democratico e civile della Russia».

Tra i primi provvedimenti emergenziali presi dalle autorità russe, già in vigore nella regione di Mosca, vi è anche la voennoe polozhenie, una sorta di legge marziale che va dallo stato di guerra» al «livello di allerta base», che ha qualificato come «agenti stranieri» i movimenti pacifisti e nonviolenti, in pratica messi fuori legge. «È uno status completamente discriminatorio, contrario ai diritti umani e alle libertà universalmente riconosciuti – dice la Popova dalla sua residenza di San Pietroburgo – è una situazione difficile, il mio telefono è un centralino bollente, tentiamo di aiutare coloro che non vogliono andare in guerra ed in particolare supportare le mogli e le mamme che vogliono salvare mariti e figli dalla guerra non mandandoli presso le unità militari. È un lavoro senza sosta che facciamo da quando è scattata l’ultima mobilitazione».

Fino a ieri il Movimento degli Obiettori di Coscienza russi ha documentato centinaia di casi di persone detenute nelle carceri russe per essersi espresse pubblicamente o aver partecipato ad una manifestazione contro la guerra. È un elenco incompleto di chi si è esposto nel lavoro per la pace e di chi ha rifiutato di prendere le armi e prestare servizio militare.

ALEXANDER BELIK, obiettore di coscienza russo scrive dall’esilio: «Dall’inizio dell’invasione in Ucraina più di 20.000 persone sono state detenute a Mosca per le proteste pacifiste e 4.000 processi sono stati aperti contro chi si è espresso pubblicamente contro la guerra. Ovviamente le persone sono molto preoccupate, tuttavia continuano a protestare, e lo faranno anche nei prossimi giorni”.

Chi oggi a Mosca si mette contro Putin e contro Prigozhin, sfida l’articolo 207 del Codice penale della Federazione russa che punisce il reato di «diffusione di false informazioni sulle Forze Armate motivate dall’odio» commesso da un gruppo di persone (comma b), per guadagno personale (comma g) e motivata dall’odio (comma d), con la pena fino a 10 anni di detenzione.
L’ultimo messaggino che arriva in giornata è per ringraziare il Movimento Nonviolento del sostegno internazionale con la Campagna di Obiezione alla guerra a favore degli obiettori russi, bielorussi e ucraini.