Angela Merkel mette le mani avanti ma non rinuncia all’ottimismo: «Vogliamo collaborare con tutti i governi ma restano insindacabili i principi dell’Eurozona». La cancelliera, intervistata per 27 minuti al «Global Solutions» summit concluso ieri a Berlino, ricorda la difficoltà della trattativa svolta con la Grecia di Tsipras. Parole che arrivano dopo le diplomatiche dichiarazioni del portavoce del governo Steffen Seibert («il nostro rispetto per la democrazia italiana ci impone di aspettare quale governo reggerà il Paese») nella risposta a Evan Davies della Bbc.

«Non giudico il consenso dei partiti in Italia, siamo in Germania», afferma la cancelliera. «Gli italiani devono trovare da sé le soluzioni, sulla scia del buon lavoro del presidente Mattarella. Ma resta una questione da prendere seriamente». E appunto ricorda: «Anche con la Grecia di Tsipras ci furono problemi, ma poi ci siamo messi d’accordo. Abbiamo lavorato per molte, molte, notti fino a raggiungere l’intesa. Ne vale la pena: l’Italia è un membro importante dell’Ue».

Una presa di posizione dettata anche dal suo staff. A cominciare da Clemens Fuest, presidente dell’istituto di ricerca economica Ifo, il più ascoltato consigliere della cancelliera in materia di macroeconomia. «Cottarelli è un ottimo economista – riconosce Fuest -, ma non penso che sia quello che voleva la Germania. Non viviamo in una società di esperti ma in una società democratica, quindi un governo deve avere il sostegno del Parlamento e questo esecutivo non ce l’ha. Perciò temo che i due partiti populisti Lega e M5s ne escano ulteriormente rafforzati». E stila una severa diagnosi sull’Italia: «Roma si trova davanti due problemi concatenati; alto debito pubblico e bassa competitività».

Comunque anche Berlino deve preoccuparsi su più fronti. Ieri Mutti è stata anche Düsseldorf con il ministro degli esteri turco Mevlut Kavusoglu e le famiglie delle vittime per celebraare i 25 anni della strage di Solingen dove i neonazisti uccisero 5 donne e ragazze turche. In parallelo non si placa lo scandalo dei falsi permessi rilasciati a centinaia di rifugiati a Brema. La Spd spara a palle incatenate per ottenere, anche a livello parlamentare, la massima chiarezza sulle responsabilità.

Fra Germania e Italia la giornata di ieri si è consumata ossessivamente sull’ultima gaffe mediatica del commissario tedesco a Bruxelles. «I mercati insegneranno agli italiani a votare in maniera giusta»: così Ghünter Oettinger, dal 2017 commissario per il bilancio, uomo di punta della Cdu. Come in passato, innesca la reazione a catena costringendo il giornalista di Deutsche Welle (Dw) a stemperare il lancio dell’intervista da Strasburgo andata in onda ieri sera. «Nel mio tweet ho sbagliato la citazione, per questo l’ho cancellato. Intendevo dare una rapida sintesi delle risposte. Mi scuso per la confusione e per l’errore» puntualizza Bernd Thomas Riegert dopo la presa di distanza del capo della comunicazione di Dw, Christoph Jumpelt.

Errore di “traduzione”? Su Twitter si rintraccia la dichiarazione letterale di Oettinger. «Posso solo sperare che il risultato giocherà un ruolo nella campagna elettorale, dando il segnale di non affidare responsabilità di governo ai populisti di destra e di sinistra».

Dai vertici Ue arrivano, invece, segnali di distensione. Il presidente della Commissione Jean Claude Juncker, ha dettato la linea ufficiale: «Compete agli italiani e solo a loro decidere sul futuro del loro Paese». Gli fa eco il presidente del Consiglio Donald Tusk: «Mi appello a tutte le istituzioni europee: rispettate gli elettori; siamo qui per servirli, non per dare lezioni».

Del resto, Oettinger è un falco di bassa quota. Commissario europeo dal 2010 (deleghe a energia, economia e società digitale, ora al bilancio) è stato governatore del Baden-Württemberg. Personaggio pubblico più volte criticato, come quando lasciò moglie e figlio per una donna 25 anni più giovane di lui. Uno scandalo per la comunità protestante e nella Cdu. In Europa non gli è andata meglio: nel 2011 aveva proposto bandiera a mezz’asta per gli Stati spendaccioni; tre anni dopo intendeva risolvere la crisi della Grecia sostituendo i funzionari pubblici con commissari stranieri. All’epoca ben 151 deputati dell’Europarlamento chiesero le sue immediate dimissioni.