Il fosforo è, insieme all’ossigeno, all’idrogeno, al carbonio e all’azoto, uno degli elementi essenziali per la vita: i terreni ne contengono una certa quantità, per lo più sotto forma di fosfato di calcio. Il fosforo viene assorbito dai vegetali, i quali lo trasferiscono agli animali, i quali lo restituiscono al terreno attraverso gli escrementi e i propri corpi, alla fine della vita.

Il ciclo biologico del fosforo è andato avanti per milioni di anni, dalla natura, agli organismi viventi, alla natura: col passare del tempo l’aumento della popolazione umana e della richiesta di alimenti (il corpo umano contiene circa 800 grammi di fosforo e ha bisogno di circa 250 grammi di fosforo all’anno) hanno spinto l’agricoltura ad aumentare e migliorare le coltivazioni; queste sottraevano crescenti quantità di fosforo dal terreno e tale fosforo doveva quindi essere aggiunto in qualche modo artificialmente al terreno.

Di fosfati di calcio ce ne sono tre, quello delle ossa è fosfato tricalcico che è pochissimo solubile in acqua; sono invece solubili in acqua il fosfato bicalcico e, ancora di più, il fosfato monocalcico (chiedo scusa ai lettori per queste intrusioni della chimica). Il grande chimico Justus von Liebig (1803-1873) nel 1840 spiegò che i vegetali assorbono dal terreno il fosforo soltanto se è sotto forma di fosfati solubili e che questi si potevano ottenere dalle ossa, costituite da fosfato tricalcico, trattandole con acido solforico. Nel 1842 nacque la prima industria chimica per la produzione dei concimi fosfatici artificiali, chiamati perfosfati, e centinaia di fabbriche sono ben presto sorte, per lo più nelle zone agricole.

Nel frattempo sono state cercate altre fonti di fosfati e si è scoperto che ne esistevano giacimenti negli Stati Uniti in Florida e poi nell’Africa settentrionale, in Egitto, Tunisia, Marocco, sotto forma di minerali costituiti anche loro da fosfato tricalcico adatto per la produzione di perfosfati. Altri giacimenti di fosfati sono stati trovati in varie isole del Pacifico.

Dall’Ottocento in avanti è stata una continua corsa allo sfruttamento dei giacimenti di fosfati più accessibili e alla ricerca di sempre nuovi giacimenti. Nello stesso tempo il fosforo, estratto in crescenti quantità dai giacimenti, usato in agricoltura e negli alimenti umani e degli animali da allevamento, è finito nei relativi escrementi che a loro volta sono finiti nei fiumi e nel mare; un ciclo, quello del fosforo, sfortunatamente, aperto e sempre in perdita.

Nel 2017 sono stati estratti nel mondo 260 milioni di tonnellate di rocce fosfatiche, 140 milioni di tonnellate in Cina; a grande distanza seguono gli Stati Uniti e il Marocco con circa 28 milioni di tonnellate ciascuno. I ricchi giacimenti di fosfati si trovano nel Sahara occidentale, ex spagnolo fino al 1960 poi occupato militarmente dal Marocco dal 1975 espropriando il popolo Sahrawi che rivendica il diritto di poter tornare nella proprio terra e di poter beneficiare delle proprie ricchezze naturali,

L’Italia importa mezzo milione di tonnellate all’anno di minerali fosfatici.