«Uno straniero che possa vantare avi della penisola persino precedenti all’Unità d’Italia può acquisire la cittadinanza italiana più facilmente di uno straniero che, pur nato e cresciuto in Italia, non possa dimostrare tali ascendenze». I paradossi della legge italiana sulla cittadinanza, ancorata al principio dello ius sanguinis, sono noti da tempo, ma parole e numeri del Dossier statistico immigrazione 2020 aiutano a vederne concretamente gli effetti.

Qualche giorno fa è stata diffusa l’anticipazione del rapporto relativa al numero di migranti non comunitari regolarmente presenti in Italia: tra il 2018 e il 2019 sono diminuiti di 106.000 unità. Molti di loro sono scivolati in una condizione di irregolarità a causa dei due «decreti sicurezza». Oggi, invece, sono stati resi pubblici i numeri dello studio che riguardano le acquisizioni di cittadinanza.

Lo scorso anno 227mila persone hanno conquistato il passaporto tricolore. 100mila sono nate e/o vivono all’estero: 9mila possono vantare un avo del bel paese, 91mila sono figli di concittadini residenti oltreconfine. La comunità di connazionali che non vivono in Italia raggiunge così quota 2,3 milioni.

127.001, invece, sono i residenti nello stivale che da stranieri sono diventati italiani nel corso del 2019. Un numero più alto del 2018 (+112.523), ma più basso del 2017 (+146.605) e soprattutto dell’anno record 2016 (+201.591). Migranti, o meglio ex migranti, che fanno meno rumore di quelli arrivati via mare, ma sono molto più numerosi: nel 2019 è sbarcato 1 straniero per ogni 11 che hanno acquisito la cittadinanza, nel 2018 il rapporto è stato di 1 a 5.

In totale negli ultimi 10 anni sono quasi 1 milione e 250 mila i cittadini di paesi non comunitari che sono riusciti a diventare italiani, superando un percorso a ostacoli più volte messo sotto accusa dalle associazioni che sostengono una riforma della legge nella direzione dello ius soli. Questa farebbe rientrare tra i nuovi cittadini i circa due terzi di studenti stranieri iscritti nelle scuole italiane e nati in questo paese (570mila tra il 2012 e il 2019, di cui 63mila nell’ultimo anno: il 15% del totale).

Anche per questo gli estensori del rapporto, i centri studi Idos e Confronti, affermano che: «Il quadro descritto dai dati rispecchia un impianto legislativo ancorato più al passato dell’Italia, quale “grande paese di emigrazione”, che al suo presente di “importante paese di immigrazione”».

Il Dossier statistico immigrazione 2020 sarà presentato il 28 ottobre in una conferenza stampa telematica.