Che farà la Cina dopo le elezioni di Taiwan? È la domanda più ricorrente, soprattutto degli osservatori internazionali che temono l’apertura di un terzo fronte dopo Ucraina e Medio oriente. Lin Ying-yu, esperto di difesa della Tamkang University di Nuova Taipei, prova a tracciare qualche scenario.

«Certo ci saranno manovre di jet e navi sullo Stretto e potrebbero essere messe in atto altre mosse simboliche come il passaggio di una portaerei nei pressi di Taiwan», dice al manifesto. «Si tratta d’altronde del new normal che Pechino ha annunciato dopo la visita a Taipei di Nancy Pelosi nell’agosto 2022. Ma non mi aspetto esercitazioni così vaste come quelle di allora, anche perché i mezzi cinesi hanno regolarizzato la loro presenza nella regione».

Nei giorni scorsi sono stati avvistati diversi palloni aerostatici su Taiwan. Cosa significano?
I palloni non sono una minaccia militare, ma hanno un messaggio psicologico. Credo che Pechino ha deciso di utilizzare i palloni al posto di jet, bombardieri e navi oltre la linea mediana per non mandare un segnale troppo aggressivo e non aiutare le forze politiche taiwanesi più ostili come il Partito progressista democratico (Dpp). Allo stesso tempo, si vuole ribadire il fatto che il voto sarà osservato e che Pechino può inviare dei propri mezzi intorno a Taiwan senza che questa possa fare qualcosa.

Si parla spesso di «tensioni militari in aumento», ma in realtà negli scorsi mesi Pechino pare aver mantenuto un profilo piuttosto basso.
Xi Jinping ha capito che mostrare troppo i muscoli prima delle elezioni di Taiwan non funziona e anzi rischia di produrre un effetto contrario. Bisogna ricordarsi che le esercitazioni militari sono utilizzate dalla Cina anche per mandare dei messaggi politici. Non solo verso Taiwan, ma anche verso gli Stati uniti. E in questa fase Pechino potrebbe non avere interesse ad alzare troppo le tensioni con Washington, visto che a novembre ci saranno le elezioni americane. Replicare vaste esercitazioni potrebbe costringere gli Usa a rispondere, portando Pechino al centro della campagna elettorale.

Si aspetta manovre militari subito dopo il voto nel caso vinca il filo indipendentista Lai Ching-te?
Non credo ci saranno immediatamente grandi manovre militari. Verranno utilizzati altri strumenti per concentrarsi su Taiwan, come una serie di misure commerciali come l’abolizione delle agevolazioni tariffarie per le importazioni dei prodotti taiwanesi o altre sanzioni. Per il Partito comunista cinese sarà molto importante osservare la fase di transizione che si aprirà da domani e durerà fino al 20 maggio, quando ci sarà l’insediamento del nuovo presidente. Saranno osservati con attenzione i movimenti e le parole del vincitore delle presidenziali, specie quelle che pronuncerà nel suo discorso di inaugurazione. In particolare se vincerà Lai, la fase dell’insediamento potrebbe essere delicata.

Vincesse l’opposizione dialogante può esserci una svolta in positivo sul fronte militare?
Non credo ci sarebbe un cambiamento così drastico. Sia Hou Yu-ih sia Ko Wen-je garantiscono che manterranno e rafforzeranno il budget di difesa. Di certo, il Guomindang accompagnerebbe il rafforzamento del sistema difensivo al rilancio del dialogo con Pechino. Questo potrebbe senz’altro ridurre la pressione militare, ma non si può tornare al 2015 e alle relazioni idilliache della presidenza di Ma Ying-jeou. Questo perché nel frattempo la competizione strategica tra Cina e Stati uniti si è intensificata. Ed è quello, prima ancora delle elezioni taiwanesi, il fattore decisivo.