Solo 125 voti a favore. Trentacinque in meno di quella maggioranza assoluta che invece sarà indispensabile la prossima volta, nella quarta votazione che il senato può fare entro natale. È infatti di una riforma costituzionale che parliamo, per quanto piccola e – almeno in teoria – quasi scontata. I senatori hanno approvato ieri pomeriggio l’abbassamento a 18 anni dell’età per ricevere ai seggi elettorali anche la scheda del senato, «elettorato attivo» oggi fissato in Costituzione (articolo 58) a 25 anni. È stato così confermato il testo approvato oltre un anno fa dalla camera. Ma è stata cancellata una modifica che era stata nel frattempo introdotta dalla commissione ed era entrata nell’accordo di maggioranza come «riequilibrio» irrinunciabile al taglio dei parlamentari. Resta ferma, cioè, l’età per essere eletti senatori: 40 anni contro i 25 della camera. L’elettorato attivo dei due rami del parlamento è così parificato, quello passivo no. Un passo indietro deciso da Pd e 5 Stelle per velocizzare l’iter del disegno di legge costituzionale: il testo conforme alla prima lettura potrà essere immediatamente confermato dalla camera, e tra tre mesi completare il percorso. Qualcosa di concreto da mettere accanto al Sì al taglio dei parlamentari. Ma è proprio questo passo indietro ad aver dato l’alibi al centrodestra per tirarsi indietro. E ad aver aperto una crepa nella maggioranza, visto che Italia viva non ha partecipato al voto, parlando di «assurda scelta contro i giovani». Tra i giallo-rossi, però, mancano anche una quindicina di voti di Pd, 5 Stelle, Leu e misto; 84 gli astenuti e ben 109 gli assenti.

Situazione ribaltata rispetto al 31 luglio del 2019, quando alla camera ci fu praticamente l’unanimità: tutti a favore dello stesso identico testo tranne 5 contrari e 7 astenuti tra Forza Italia e +Europa. «Colpa», oggi, della campagna elettorale per il referendum: per le opposizioni è evidente che l’accelerazione e la menomazione della riforma è stata voluta da Pd e 5 Stelle proprio per accompagnare il voto sul taglio dei parlamentari. Democratici e grillini hanno scelto il classico uovo oggi, smentendo il patto di maggioranza. Anche a costo di portare avanti un’innovazione dimezzata e di trasformarla nella riforma di una minoranza. «Vogliamo vederli i parlamentari di opposizione votare contro in terza e quarta lettura, accettiamo scommesse che la riforma passerà con i 2/3 e non si farà neanche il referendum», dicono però dal Pd, nell’incassare – comunque – il voto favorevole. Diversa la motivazione della capogruppo del misto e senatrice di Leu Loredana De Petris, secondo la quale rinunciare all’abbassamento dell’elettorato passivo è stato un bene, perché «non ci sto a equiparare totalmente, in modo surrettizio, camera e senato, perché penso che sia importante per la nostra Repubblica parlamentare mantenere il bicameralismo paritario».

Il gran numero di non partecipazioni al voto e astensioni si spiega anche con un baco nel regolamento del senato, ben conosciuto ma mai corretto. Trattandosi di un disegno di legge di un solo articolo e con un solo emendamento interamente sostitutivo, all’atto finale i senatori contrari a modificare la Costituzione (e molti hanno spiegato di esserlo, data l’imminenza del referendum che può cambiare il numero dei parlamentari) avrebbero potuto solo scegliere tra due modifiche, entrambe sgradite.

L’abbassamento a 18 anni dell’elettorato attivo rimedia a una stranezza della nostra Costituzione, ampiamente dibattuta in assemblea costituente, in base alla quale in una delle due camere (il senato) esiste un suffragio universale limitato (agli over 25). E recupera così al voto per il senato 3,7 milioni di elettori (più uomini che donne, secondo i dati delle elezioni 2018). Resta, per via della menomazione decisa all’ultimo momento da Pd e 5 Stelle, l’impossibilità per i 25-40enni di candidarsi al senato: tra i paesi europei con bicameralismo, solo nel senato della Repubblica Ceca c’è una soglia all’ingresso tanto alta. Una resistenza a un ringiovanimento delle assemblee ormai in atto: alle ultime elezioni alla nostra camera dei deputati, dove la soglia non c’è, gli under 40 sono risultati essere il 39% degli eletti.