Per quanto maniacale, la presenza delle scene di sesso, nei romanzi di Michel Houellebecq si accompagna quasi sempre a sofferenza e follia, rivelando quella denuncia di una società decadente e disperata, che trova conferma in almeno alcuni dei saggi contenuti in Interventi (traduzione di Sergio Arecco, Milano, La nave di Teseo, «I Fari», pp. 476, € 22,00). Già nel suo penultimo romanzo, Serotonina, Houellebecq raggiungeva vette di gusto sadiano, che inducevano a chiedersi se lo scrittore francese avrebbe potuto spingersi oltre o se ci si dovesse piuttosto aspettare la sua conversione a una scrittura più casta. La risposta si trova nel suo ultimo, bellissimo, Annientare in cui la storia si presta senza forzature a sintetizzare quella visione del mondo che vediamo formarsi nei saggi scritti tra il 1992 e il 2020, molti dei quali sono certamente il risultato di una volontà di provocazione, e tuttavia lasciano percepire – anche nella semplice recensione di un’opera letteraria, di un film, di un dipinto – il proposito di cogliere attraverso questioni specifiche le caratteristiche di un’epoca, i segnali di cambiamenti irreversibili di un mondo che, nella visione di Houellebecq, ha perduto tutte le sue coordinate.

La lettura in successione dei saggi mostra il progressivo passaggio dalla più smaccata irrisione a una più ponderata analisi critica della civiltà occidentale e dei suoi destini. Una evoluzione che si rende evidente al  confronto fra il primo saggio del 1992, Jacques Prévert è un imbecille e l’ultimo (2020) sul caso Vincent Lambert e l’eutanasia: già dal titolo, il primo evidenzia la scelta di un linguaggio provocatorio, quasi triviale, con l’uso di termini affatto inconsueti nella critica letteraria: «imbecille», «ripugnante», «stupidità», «vergogna», «nausea», e così via.  Lo scopo è smantellare ciò che,  qualche anno più tardi, nell’illuminante Colloquio con Jean-Yves Jouannais e Christophe Duchâtelet, Houellebecq sintetizzerà come «le fonti dell’ottimismo stolto», che impedisce di vedere il disastro verso il quale stiamo precipitando, a causa del nostro soggiacere a una «visione meccanicistica e individualistica» priva di orizzonti.

Scritto in una lingua meno violenta, l’ultimo saggio non dice poi qualcosa di molto diverso: condanna l’eutanasia, considerandola il risultato perverso della stessa concezione materialistica e individualistica denunciata nel primo degli scritti raccolti, una concezione che non si fa scrupolo di eliminare i presunti scarti della società.

Non tutti questi Interventi hanno lo stesso interesse e la stessa ampiezza di visione, ma anche quelli focalizzati su temi apparentemente minori o persino marginali concorrono alla costruzione del grandioso pamphlet che Houllebecq scaglia contro il nostro tempo, la sua politica, la sua filosofia, la sua arte, il suo affidarsi a un presente vuoto, dove si inducono desideri effimeri, cui si danno risposte inappaganti, e dove domina l’egoismo, o peggio, quel narcisismo  destinato a sfociare in un vicolo cieco. Houellebecq chiama in causa la maggior parte degli intellettuali del suo/nostro tempo, in particolare i maîtres à penser della sinistra che, a suo avviso, hanno contribuito al degrado dell’uomo e della società, lasciandosi andare al sogno –già coltivato nelle Particelle elementari – di una umanità nuova. Si mostra sensibile, pur senza risparmiare le sue critiche, al tema di un testo paradossale come lo SCUM manifesto di Valerie Solanas, datato 1967, di cui accetta di scrivere la postfazione all’edizione francese del 1998, riprodotta in questa raccolta con un titolo che rimanda alla conclusione delle Particelle elementari: L’Umanità, secondo stadio.

Dell’autrice del manifesto, una rappresentante tra le più violente di quel femminismo che Houellebecq detesta, egli apprezza tuttavia l’interesse per gli apporti della scienza al cambiamento sociale, in particolare per gli studi che permettono di scindere sessualità e riproduzione. E, soprattutto, lo interessa il potenziale distruttivo di un pensiero anarchico che vorrebbe rifondare la società dopo averla annientata, cominciando con l’eliminare il maschio, responsabile di aver trasformato il mondo in un «gigantesco mucchio di merda». Con una volontà di provocazione non dissimile da quella di Houellebecq, Solanas non lotta per l’uguaglianza dei sessi ma per l’avvento di un mondo tutto al femminile, quello che Houellebecq definisce appunto nel suo titolo «un secondo stadio dell’umanità»: questa originale palingenesi non poteva non affascinare lo scrittore francese, alla costante ricerca di una via di uscita dalla società contemporanea, in cui vede una grande messinscena, fatta di finzioni e di inganni, dietro la quale c’è il vuoto. Non  a caso il suicidio ricorre spesso nelle sue opere, perché il cammino intrapreso è quasi sempre senza sbocchi e nel vuoto non c’è ossigeno per sopravvivere.

Sono numerosi, nei diversi saggi, i riferimenti alle religioni e in particolare all’islam, a seguito delle polemiche suscitate dal provocatorio romanzo Sottomissione in cui lo scrittore prevedeva, per l’anno 2022, l’avvento del potere islamico alla guida della Francia, fatto simbolico che evidenzia in forma plastica la morte della civiltà occidentale: «la Francia ha rinunciato a evolversi, ha deciso di immobilizzarsi, di cessare di prendere parte all’evoluzione del mondo».

A fronte di un buio generalizzato,  ci sono però anche momenti in cui Houellebecq sogna un mondo in cui esistono l’innocenza, la bontà e l’umana simpatia e in cui la felicità è possibile: nel perseguirla, dice, lo scrittore può avere un ruolo importante perché «scrivere implica prendere su di sé il negativo del mondo, e offrirne una rappresentazione, così che il lettore possa sentirsi sollevato […] il che ha un rapporto con Cristo che prende su di sé tutti i peccati dell’umanità». Questa funzione catartica della scrittura  si rende evidente in non poche occasioni, per esempio quando Houellebecq racconta di essere scoppiato in singhiozzi leggendo, in un testo di Emmanuel Carrère, la descrizione dello strazio di una vecchia lesbica che al rientro dal funerale della compagna piange di fronte alle due tazze con i loro nomi.