Raqqa è il target della rappresaglia francese: il presidente Hollande vendica così i 129 morti delle stragi di Parigi, colpendo la “capitale” del sedicente califfato. Un messaggio chiaro che apre ad un intervento molto più radicato da parte francese. Oggi tutta Europa si stringe intorno alla Francia e promette di mettere fine al califfato di al-Baghdadi, come se già non si fosse macchiato di carneficine e atrocità. Ma stavolta a pagarne lo scotto è l’Europa. E partono i jet militari.

Domenica e ieri aerei da guerra francesi, decollati da Giordania e Emirati Arabi, hanno lanciato 30 raid contro una decina di target islamisti a Raqqa. Tra questi l’ufficio politico dell’Isis, l’entrata sud della città, la base militare Division 17, un centro di reclutamento e una serie di magazzini di munizioni e veicoli militari. «Una precisione estrema», la definivano ieri attivisti della città. Nessun civile morto nei raid, aggiunge il gruppo “Raqqa is being slaughtered silently”, seppure siano stati colpiti sia il centro della città che le periferie. Tra i target anche il museo e lo stadio, usati dagli islamisti come prigioni. Ma, aggiungono gli attivisti, anche tra i miliziani Isis ci sarebbero state poche perdite (se non addirittura nessuna) perché – immaginando in anticipo la reazione – si sono ritirati dai siti sensibili.

Accanto all’aviazione francese è stata dispiegata anche quella Usa che ha fornito le informazioni di intelligence necessarie a Parigi e ha poi bombardato 116 cisterne di petrolio nella provincia di Deir Ezzor, la più vasta azione contro le riserve di greggio dell’Isis da sempre, ha detto un portavoce della coalizione. Greggio venduto sottobanco nei mercati mondiali ma che nessuno ha mai pensato di bloccare, perché il buon prezzo fa gola a molti.

La parola viene lasciata ai raid aerei. Un’atto di autodifesa: così il ministro degli Esteri francese Fabius ha definito l’attacco discusso in precedenza con gli Stati uniti. «La Francia lo ha sempre detto che è nel mirino di Daesh. È normale reagire come autodifesa – ha detto Fabius dalla Turchia, dove partecipava al summit del G20 – Non lasceremo che Daesh agisca senza rispondere». Una reazione che non finirà con i raid di ieri: la portaerei Charles De Gaulle (con a bordo 40 tra jet e elicotteri) partirà per il Golfo Persico mercoledì, indizio di un’operazione a lungo termine che lo stesso presidente Hollande ha annunciato ieri, nell’obiettivo di «distruggere Daesh».

Così Parigi reagisce a quello che Hollande ha chiamato “un atto di guerra” e che richiede, ha aggiunto, un intervento più ampio, europeo: ieri in un discorso in parlamento Hollande ha chiesto maggiori controlli alle frontiere europee e la creazione di una coalizione unica e ampia che combatta in Siria. Di questo, ha aggiunto, discuterà con il presidente Usa Obama e quello russo Putin, nei prossimi giorni: «Dobbiamo unire le nostre forze, unire l’Europa – ha detto Hollande – Quando uno Stato viene aggredito tutti gli altri devono unirsi per aiutarlo. Parliamo di un nemico dell’Europa».

Tanto che l’Europa potrebbe accettare di scendere a patti con la Russia, oggi l’attore più efficace nel campo di battaglia siriano. Ieri il premier britannico David Cameron ha parlato della necessità di un compromesso con Putin, un accordo concreto che ponga fine alla guerra civile siriana. Insomma, nessuna testardaggine sul futuro di Assad. Questo è quanto è uscito dall’incontro con la controparte russa, a pochi giorni dall’accordo raggiunto a Vienna e che prevede l’avvio di negoziati tra governo e opposizioni a partire dal prossimo anno.