Lavoro

«Non si può rischiare la vita per consegnare due pizze»

«Non si può rischiare la vita per consegnare due pizze» – Vittorio Giannitelli

Gig Economy Marco La Corte è stato investito mentre lavorava come rider. Il ragazzo si trova oggi ricoverato al Santo Spirito con la milza asportata. Riaffiorano le proteste sulle condizioni di lavoro nella gig economy. Il tavolo di negoziazione voluto da Di Maio stenta a dare risultati.

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 27 febbraio 2019

«Ho avuto paura di morire o non camminare più. Non può succedere per portare due pizze». Marco La Corte è ricoverato da sei giorni al terzo piano dell’ospedale Santo Spirito di Roma, nel reparto di chirurgia. Ha 23 anni e giovedì scorso è stato investito mentre lavorava come fattorino per Deliveroo. Era l’ultima consegna. Ha sbattuto violentemente sulle auto in sosta. I medici gli hanno dovuto asportare la milza. La macchina è scappata ma alcuni testimoni hanno preso la targa e i responsabili sono stati identificati.

Nel corridoio che porta alla sua stanza c’è una finestrella da cui si vede ponte Vittorio Emanuele II e un bellissimo squarcio della capitale. Ma è tutto nascosto dietro una fitta rete di metallo. «Voglio uscire da qua e tornare a casa – dice – anche se lì sarà più dura. Sono da solo e non ho l’attrezzatura per il decorso». Marco non ha mai conosciuto il padre e ha perso la madre. A 15 anni ha lasciato la sua Palermo. «Quando sono rimasto solo ho preferito lavorare. Sono stato in Svizzera, Francia e Germania. Ho fatto mille cose diverse perché non sapevo quale fosse la mia strada». A Roma c’è arrivato passando per Milano. «Una volta sono andato a un concerto di Mannarino e ho pensato: voglio suonare così. Quel giorno il cantautore ha concluso l’esibizione dicendo che se lui era arrivato fin là, poteva farcela chiunque. Ho deciso di provarci». Così ha ripreso la chitarra che suonava da bambino e si è messo a scrivere canzoni e partecipare a concorsi. Con risultati discreti ma senza vittorie. «La passione non basta, bisogna studiare – continua – Ho iniziato a prendere lezioni di canto nel capoluogo lombardo ma le cose non andavano bene. Non avevo niente da perdere, perciò ho mollato tutto e sono venuto a Roma. Lavorando come fattorino riuscivo a pagare affitto, motorino e lezioni di musica».

Quello di Marco non è un caso isolato. Nelle ultime settimane ci sono stati incidenti a Torino e Milano. Il 3 dicembre scorso l’episodio più tragico: Alberto Piscopo Pollini è morto a Bari. Aveva solo 19 anni.«Ogni incidente è responsabilità delle aziende con la complicità del governo e di chi dovrebbe garantire sicurezza sul lavoro» hanno scritto su Facebook i fattorini torinesi autorganizzati nel progetto Deliverance dopo l’ennesimo infortunio. Soprattutto nel Nord Italia è in corso un processo di sindacalizzazione autonoma che continua a produrre manifestazioni e scioperi. I lavoratori chiedono di essere inquadrati come subordinati per avere contributi, assicurazioni anti-infortunistiche e coperture Inail contro le malattie. Rifiutano di fare consegne in condizioni atmosferiche pericolose e rivendicano retribuzioni più alte e maggiore sicurezza.

Il settore è in mano alle grandi app Deliveroo, Glovo, UberEat e JustEat. Come primo atto da ministro del Lavoro Luigi Di Maio ha incontrato una delegazione di rider per aprire un tavolo tra sindacati e aziende. Al momento, però, è tutto fermo. Proprio ieri a Milano i fattorini di Deliverance Milano, Deliveroo strike raiders e Punto di svolta hanno protestato davanti alla sede della Casaleggio associati: «Che differenza c’è tra il ministro Luigi di Maio e Assodelivery se entrambi provano a usare i fattorini? Come rider rivendichiamo diritti sindacali e riconoscimento del nostro status di lavoratori. Ad oggi nonsono arrivate risposte concrete né da parte del governo né da parte delle aziende».

A Roma le Camere del lavoro autonomo e precario (Clap) hanno offerto assistenza legale gratuita a Marco e aperto una raccolta fondi solidale per sostenerlo. «Deliveroo si fregia di avere un’assicurazioneper gli infortuni – scrivono le Clap – tentando di nascondere l’illecito che sta a monte, ovvero il più subordinato degli impieghi qualificato come lavoro autonomo. Dal punto di vista formale, non esiste assicurazione sociale che copre infortunio e malattia per collaboratori e autonomi». Domani il ragazzo lascerà l’ospedale: «Di questo lavoro mi piaceva la flessibilità, poter organizzare i turniin base alle mie esigenze, – conclude – ma è un lavoro troppo rischioso. Finché non fai il botto non cipensi. A me hanno asportato la milza e avrò una cicatrice per tutta la vita. Bisogna dare valore alle persone che svolgono questo mestiere. Bisogna proteggere e assicurare davvero i rider».

* Per sostenere Marco La Corte è possibile fare un versamento a:
ASSOCIAZIONE CLAP-Camere del Lavoro Autonomo e Precario
Banca Etica
IBAN: IT55Z0501803200000000174547
Causale: Donazione a sostegno di Marco La Corte

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