«Dopo Charlottesville, il vero problema è che le idee della alt-right e del suprematismo bianco contro immigrati e musulmani si sono banalizzate. Molti le considerano parte di un normale dibattito pubblico e non il segno della la presenza nel Paese di gruppi estremisti e violenti». Per Heidi Beirich non ci sono dubbi. Ad un anno dalla tragica adunata dell’estrema destra in Virginia, la più grande della recente storia americana, la minaccia che incombe sugli Usa riguarda la «legittimità» che le idee e la violenza razzista stanno conoscendo all’ombra della presidenza Trump.

Non a caso, le parole della responsabile del Southern Poverty Law Center, la ong dell’Alabama che monitora gli hate crime e le azioni dei suprematisti, servono a presentare l’ultimo numero della rivista Intelligence report e il rapporto sullo «stato dell’unione» dal punto di vista dei crimini razziali che contiene. Se, alla fine del 2016, l’elezione di The Donald alla Casa Bianca era stata accompagnata da un drammatico aumento degli atti di razzismo, oltre il 25% in più, la situazione si è ora «stabilizzata» intorno ad una crescita del 12% rispetto all’era Obama.

Con però delle punte inquietanti, come il caso della città californiana di San Jose, dove dal 2016 ad oggi si sono registrate circa 50 violenze razziali l’anno, pari ad una crescita del 132%. Quanto ai numeri, solo nelle prime 10 metropoli del Paese, si calcola siano avvenuti un migliaio di hate crime l’anno, 1093 nella solo California negli ultimi 12 mesi: oltre 6mila in tutto il Paese. Il cambiamento non riguarda però solo i dati. «Sempre più spesso accade che le vittime di atti di razzismo, ingiurie ma anche vere e proprie violenze fisiche ritengano che denunciare i loro aggressori non serva a niente, visto il clima generale che circonda molto spesso questi atti», sottolinea Beirich.

Per questo, i ricercatori del Splc hanno parlato, inizialmente a proposito degli atti violenti contro i disabili per poi estendere questa riflessione alle altre vittime, di Invisible Hate Crime: quel razzismo che nell’America di Trump non si vuole neppure vedere. Del resto, «invece di cercare di riconciliare il paese – conclude l’esponente del Splc -, nell’ultimo anno il presidente ha raddoppiato la propria retorica tossica, alimentando la sua politica di paura e xenofobia».