In una Parigi cupa, scossa dalla violenza e dal risentimento che assomiglia a quella che ha fatto da sfondo alle manifestazioni dei gilets jaunes, una giovane poliziotta si trova ad indagare sul mistero di una ragazza ripescata dalla Senna che non ricorda nulla di sé ma la cui identità, una volta ricostruita dagli agenti, rimanda a quella di una persona morta da tempo.

In La sconosciuta della Senna (La nave di Teseo, pp. 330, euro 20, traduzione di Sergio Arecco) Guillaume Musso, tra i protagonisti della nuova scena del polar transalpino, fa incontrare noir e fantastico, le procedure dell’indagine di polizia con un mondo parallelo fatto di culti millenari e misteri insondabili, non a caso alla protagonista viene chiesto di dirigere nientemeno che una sezione denominata «Bureau des Affaires Non Conventionnelles», quasi un Quai des Orfèvres dedito alla caccia ai fantasmi.

In quella che è prima di tutto una storia di donne, Roxane, un flic lontano dai cliché che ama i buoni libri e la musica classica, la giovane sconosciuta ripescata dal fiume nuda e in preda ad una totale amnesia, e «il mito fondatore», quello cui il romanzo paga un voluto e generoso tributo, la vicenda, vera, dell’inconnue de la Seine, la ragazza probabilmente suicida riemersa non lontano dal Louvre e divenuta un po’ il simbolo della Parigi fin de siècle, i confini tra la realtà e l’immaginazione, i pericoli concreti e quelli nati nelle menti dei protagonisti, rappresentano altrettanti elementi posti a suggello del mistero più grande che Guillaume Musso indaga, quello di una città e dei suoi mille volti.

Lo scrittore francese Guillaume Musso

Una donna bellissima e sconosciuta annegata nella Senna alla fine dell’800 e ritratta in una maschera mortuaria divenuta celebre: una vicenda che ritorna nella memoria di Parigi e che ha ispirato artisti e letterati. Perché scegliere proprio questa storia come spunto per un romanzo?
Personalmente l’ho scoperta a diciassette anni leggendo Aurélien, il romanzo di Aragon, che faceva parte del programma per la maturità. Devo dire che l’idea che un impiegato dell’obitorio dove era stata portata dopo essere stata ripescata lungo le rive del fiume, fosse stato talmente impressionato dalla serenità del suo volto da prenderne un’impronta in gesso per farne una maschera mortuaria, mi aveva già colpito parecchio. Inoltre, in seguito quella maschera sarebbe stata riprodotta in migliaia di copie fino a diventare una sorta di icona della Parigi bohémien negli anni Venti e Trenta del secolo scorso. Il sorriso enigmatico della maschera e il suo apparente distacco di fronte alla morte le hanno valso la definizione di «Monna Lisa del suicidio». Nel suo libro, Aragon vi faceva più volte riferimento e ricordo molto bene che ero rimasto affascinato dalla fotografia della maschera realizzata da Man Ray che illustrava l’edizione tascabile del romanzo. Perciò, ne La sconosciuta della Senna riemerge traccia dell’impatto che la vicenda ebbe su di me. E, come avviene spesso nel mio processo di scrittura, il romanzo ha delle radici che si perdono in un tempo lungo, come un seme che germoglia per decenni prima di crescere e dare frutti. «La sconosciuta» del mio libro viene però ripescata ai giorni nostri dal fiume nuda e in preda ad un’amnesia e portata all’infermeria della questura di Parigi da dove riuscirà poi a fuggire.

Una vicenda misteriosa e, del resto, fin dal nome dell’ufficio in cui è destinata a lavorare la protagonista dell’indagine, il capitano di polizia Roxane Montchrestien, il Bureau des Affaires Non Conventionnelles, è evidente come nel romanzo il noir conviva con il fantastico. È una scelta che assumete?
Senza dubbio, amo muovermi al crocevia dei generi. Mi piace giocare con i codici e rivisitare certi temi cercando di trattarli in modo innovativo. L’originalità della ricerca dei miei due eroi – accanto a Roxane c’è lo scrittore Raphaël Batailley – è che si trovano di fronte a un problema apparentemente insolubile: come può la giovane salvata dalla Senna essere viva, ma come emergerà nel corso della storia, allo stesso tempo anche morta? A questo punto i due saranno «catturati» dal fantastico, vale a dire, secondo la celebre definizione di Tzvetan Todorov, dall’«esitazione vissuta da un essere che conosce solo leggi naturali di fronte a un evento apparentemente soprannaturale». Per alcuni capitoli, il libro si immerge così in un’atmosfera indeterminata tra il bizzarro, il fantastico, il reale e l’irreale. È questa una sensazione che amo provare anche come lettore: essere immerso in un mistero che mi coinvolge totalmente, dà uno scossone a ciò che posso aspettarmi e mi proietta in un territorio emozionante e inesplorato.

Dopo molti romanzi ambientati negli Stati Uniti, questa volta ha scelto di fare ritorno a Parigi: ai suoi occhi la città possiede un preciso profilo narrativo, si racconta a lei come «un romanzo» di che tipo?
Ne La sconosciuta della Senna Parigi appare come una città di contrasti, come molti dei suoi abitanti, me compreso, sanno bene. Talvolta sporca, rumorosa, imbronciata e insicura, a volte luminosa e unica grazie alla poesia delle rive della Senna e della torre dell’orologio dove si trova lo studio di Roxane. Mentre la casa tutta vetri dove vive Raphaël emana a sua volta fascino, mistero e pericolo… Allestire uno scenario ben caratterizzato mi sembra importante per dare eco e consistenza all’azione. Aiuta a creare una bolla in cui il lettore si immergerà. Nel mio caso non si tratta di cercare di fare delle descrizioni «à la Balzac», quanto piuttosto di procedere in modo impressionista per offrire spunti di appoggio all’immaginazione di chi sta seguendo la vicenda da lettore.

Rifuggendo dalla serialità, quasi ad ogni romanzo lei lavora su personaggi inediti. In questo caso, come è nata la figura del capitano Roxane Montchrestien?
Ho voluto ritrarre una donna che nel corso della sua carriera ha sofferto a causa dei rapporti gerarchici che dominano una professione che si è rivelata molto lontana da ciò che aveva in mente lei. All’inizio del romanzo, Roxane, capitano di polizia sulla quarantina, viene messa da parte dai suoi superiori proprio a causa dei suoi trascorsi «vivaci»: le affidano il ruolo di responsabile di un’unità destinata a scomparire e dove sperano che se ne starà tranquilla. Ma ovviamente, non sarà affatto così. Le tocca in sorte il caso della «sconosciuta della Senna» e lei si impegnerà a fondo nell’indagine sia per riacquistare un ruolo professionale che per provare a se stessa quanto ami ancora il proprio lavoro. Nelle mie storie i grandi rivolgimenti sono prima di tutto sempre di natura interiore, hanno a che fare con le motivazioni che muovono i protagonisti. Ed anche Roxane non è certo una figura monolitica. Procede a partire dai propri difetti, dubbi, rimpianti e rimorsi. I miei personaggi non sono eroi in senso stretto, ma donne e uomini comuni che fanno del loro meglio in base alle regole del gioco che la vita gli impone. Una frase di Dennis Lehane illustra bene questo punto: «Cogli sempre il peggio nel migliore degli uomini e il meglio anche nel peggiore».

Immagine della maschera mortuaria dell’Inconnue de la Seine

Al centro del romanzo sembra esserci l’idea che nel nostro mondo apparentemente regolato e riflessivo, l’irrazionale può fare irruzione da un momento all’altro e che solo comprendendo la profondità e il rischio di questa sfida si può davvero pensare di salvaguardare il bene comune.
Utilizzo l’incursione dell’irrazionale come una sorta di parabola per evocare ciò che veramente mi sta a cuore: i rapporti tra le persone, il senso più profondo che si dà alla propria vita. All’inizio dei miei romanzi, in genere i personaggi mostrano di poter disporre di radici ben piantate nella realtà ed è allora che si verifica un evento in grado di destabilizzarli. Qualcosa che non può essere spiegato. Mi sono sempre piaciute quel tipo di situazioni nelle quali un individuo comune si trova a confrontarsi con eventi che sono ben al di là della sua comprensione. Amo descrivere questi momenti di dubbio quando un personaggio viene proiettato in un mondo di cui non conosce i codici. Credo che in tali situazioni il pericolo e l’ignoto riportino in superficie il nostro passato e le nostre paure arcaiche, costringendoci a confrontarci e a guardare in faccia fino in fondo ciò che abbiamo dentro. In questo romanzo, l’irrazionale che irrompe nella storia assume le sembianze del culto di Dioniso. È stato leggendo i libri di mitologia con mio figlio di sette anni che ho riscoperto questo personaggio affascinante. Spesso trasformato in una caricatura, Dioniso è in realtà una figura attuale perché fa eco a una società disordinata: è il nemico dell’autocontrollo e della moderazione. È il dio dell’ubriachezza, delle vertigini, della perdita di coscienza della realtà. Il suo culto si basa sull’inversione dei valori e sul sovvertimento dell’ordine. Mi affascina la sua ambiguità, perché può essere una figura che promuovo l’emancipazione, ma fungere anche da schermo che cela le peggiori derive.