«Chiediamo alla comunità internazionale, all’Europa e al governo italiano di inviare propri parlamentari in Kurdistan per vedere cosa sta accadendo. Lo abbiamo chiesto al parlamento europeo e facciamo appello a quello italiano: che invii una delegazione di deputati nel Kurdistan turco e iracheno, dove la Turchia sta combattendo una guerra totale contro il nostro popolo».

È la richiesta mossa ieri dalla sala stampa di Montecitorio da Yilmaz Orkan, coordinatore dell’Ufficio di informazione del Kurdistan in Italia (Uiki). La muove a poche settimane dalla repressione, sotto varie forme, dell’iniziativa globale “Defend Kurdistan”, delegazione di oltre 150 persone da tutta Europa (tra loro parlamentari, attivisti, giornalisti, ecologisti) che hanno tentato l’ingresso nel Kurdistan iracheno dall’aeroporto di Erbil per vedersi respinti e in alcuni casi detenuti.

Decine di membri della delegazione per la pace sono stati fermati negli aeroporti di partenza (dalla Germania all’Italia), altri sono stati deportati da Istanbul dove avrebbero dovuto transitare, altri ancora sono stati bloccati per giorni allo scalo di Erbil. E altri sono stati di fatto detenuti in un hotel della capitale del Governo regionale del Kurdistan (Krg), impossibilitati a uscire e circondati dai peshmerga del clan Barzani.

Un clima di tensione che fa il paio con le iniziative militari turche nella regione. Le ultime settimane hanno visto l’ennesima escalation nelle operazioni di Ankara, dal bombardamento del campo profughi curdo di Makhmour, a sud di Erbil, a quelli nella regione irachena di Shengal.

Raid che fanno da sfondo alla più ampia campagna contro le montagne di Qandil, rifugio della leadership del Pkk, e contro il Rojava, parzialmente occupato dalle truppe turche e dalle milizie islamiste filo-Ankara dall’ottobre 2019.

Tra i membri della delegazione bloccati dall’ampia e ufficiosa coalizione filo-turca, ci sono Guido Trifetti e Hazal Koyuncuer del Cub di Milano (Confederazione unitaria di base). «Al momento dell’imbarco per Erbil a Istanbul – racconta Trifetti – la compagnia aerea ci ha detto che il ministero degli interni iracheno ci considerava persone non grate. Non ci avrebbero imbarcato. Non siamo stati in grado di protestare troppo veementemente, temevamo un intervento della polizia turca che in passato ha arrestato e detenuto in centri di espulsione altri compagni italiani».

«Con una compagna del Cub siamo passate da Doha – aggiunge Koyuncuer – Siamo arrivate a Erbil e lì all’ingresso siamo state subito fermate dalle autorità del Krg. Ci hanno comunicato che ci avrebbero deportato non in Qatar ma in Turchia. Per noi significava essere sicuramente arrestate. Dopo ore siamo riuscite a ottenere di essere deportate a Doha. Quanto successo va denunciato: a cittadini italiani ed europei è stato impedito di entrare nel Kurdistan iracheno senza alcuna motivazione legale. L’Italia e l’Europa riprendano in mano tutti gli accordi che hanno con la Turchia e li rivedano: i turchi non rispettano alcun obbligo previsto dal diritto internazionale e violano le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo».

«Il nostro governo nella persona del primo ministro Draghi – ha detto nel suo intervento in conferenza stampa Nicola Fratoianni di Sinistra italiana – ha definito Erdogan un dittatore. Alle parole dovrebbero seguire i fatti: si tratta di uno Stato che reprime da decenni un intero popolo».