La diabolica catastrofe dell’invasione putiniana dell’Ucraina tutto travolge, come l’acqua, come la morte. E il leader laburista-centrista-atlantista Starmer ne sta approfittando per dare un giro di vite alla (sua) sinistra.
Cominciando dalla Stop the war coalition, l’associazione pacifista, “radicale” e antiatlantista, un tempo presieduta dallo stesso Jeremy Corbyn. Mercoledì ha organizzato un comizio alla Conway Hall, nel centro di Londra, con una serie di interventi tra cui lo stesso Corbyn, Lindsay German e Tariq Ali.

Corbyn ha esortato a «difendere la pace» e a «schierarsi contro questa terribile guerra». «Non ci sono giustificazioni per il bombardamento di civili da parte delle forze russe» ha detto tra gli applausi, e «quelli che sembrano crimini di guerra». Ma è stato anche interrotto da un contestatore con la bandiera ucraina – tristemente l’unica visibile nel consesso – che lo ha attaccato per la mancanza di espressioni di solidarietà nei confronti del popolo ucraino.

Avrebbero dovuto parlare anche John McDonnell – alleato di Corbyn ed ex ministro ombra alle Finanze durante la di lui leadership – e Diane Abbot, anche lei compagna veterana della circoscrizione di Hackney ed ex del governo ombra nello stesso periodo. Ma si sono ritirati, dopo che lunedì Starmer non aveva dato adito a equivoci: non c’è posto nel partito per chi traccia «false equivalenze» tra le azioni della Nato e quelle di Mosca. Corbyn, già sospeso dal partito per la questione dell’antisemitismo, con questa ennesima disobbedienza si è probabilmente giocato ogni ragionevole prospettiva di reintegro.

Abbott e McDonnell avevano già ritirato, la settimana scorsa, la propria firma da un comunicato di Stwc che, oltre a condannare l’invasione russa, criticava l’espansionismo della Nato, dopo che il capogruppo ai Comuni aveva agitato la minaccia di espulsione dal gruppo parlamentare. Altri nove deputati della sinistra del partito, tra cui importanti alleati dello stesso Corbyn, come Richard Burgon e Ian Lavery, hanno fatto lo stesso.

Stop the war, assai vicina al Socialist Workers Party, nel 2003 aveva mobilitato un milione di persone per le strade di Londra contro l’invasione dell’Iraq, e la vicinanza di Corbyn al gruppo costituiva l’anomalia più imperdonabile dell’allora segretario ormai in disgrazia. Cavalcando lo sdegno indiscriminato – ma sacrosanto – per quello che sta accadendo da una settimana in Ucraina, il leader Keir Starmer – che da settimane ruba la scena a Boris Johnson come autonominato commander in chief della risposta del mondo libero alla brutale invasione russa – gli ha ora inferto un colpo duro.

E non sorprende. Esulando quanto mai dalle cialtronesche equiparazioni tra Putin e Hitler, è pur vero che in queste ore viene in mente la celebre frase di Churchill: «Se Putin invadesse l’inferno, farei almeno un riferimento favorevole al diavolo alla Camera dei Comuni».

L’aria d’Ungheria nel 1956 (o di Praga nel ‘68), che lacerò molte coscienze nel Pci di allora (per restare all’Italia) e soffia gelida nelle fila di una sinistra europea occidentale degna di questo nome, si ripercuote lugubre in quello che sta accadendo nella sinistra laburista. E il pacifismo è solo una vittima ideale in mezzo a troppe reali. Paul Mason, in piena deriva moderata (aveva esortato a sostenere Starmer leader) è andato in Ucraina la settimana scorsa a portare la solidarietà dei socialisti britannici. Cosa che Corbyn si è ben guardato dal fare.

Domenica ci saranno manifestazioni in tutto il paese organizzate dal network CODEPINK, Stop the War Coalition, Campaign for Nuclear Disarmament e No To NATO.