«Se Luigi Di Maio non ha il decreto Sicurezza bis glielo manderemo tutto a colori»: il Consiglio dei ministri ieri non era ancora iniziato e già tra il vicepremier Matteo Salvini e l’omologo 5S volavano gli stracci. Il testo, arrivato in Cdm dopo polemiche e correzioni, spazia dai migranti alla sicurezza negli stadi, a misure anti clan fino all’invio di 500 militari in più a Napoli per le Universiadi 2019.

I PRIMI DUE ARTICOLI sono dedicati a bloccare gli sbarchi delle Ong: il comandante della nave che effettua il salvataggio «è tenuto ad operare nel rispetto delle istruzioni operative emanate dalle autorità responsabili dell’area in cui ha luogo il soccorso». Norma che, nelle condizioni attuali, si traduce nel Centro di coordinamento di Tripoli. In caso di inosservanza è prevista una multa a carico del comandante tra 20mila e 50mila euro. Su suggerimento del ministro Toninelli, in caso di reiterazione o qualora il numero degli stranieri sbarcati sia superiore a 100, arriva «immediatamente il sequestro cautelare della nave». Può anche essere sospesa la concessione delle attività di soccorso da uno a dodici mesi.

L’ARTICOLO 2 PREVEDE l’ampliamento dei poteri del ministero dell’Interno, che potrà «limitare o vietare il transito o la sosta di navi nel mare territoriale per motivi di ordine e sicurezza pubblica», invadendo quindi il campo del Mit e della Difesa, che devono solo essere informati. L’articolo 3 modifica il codice di procedura penale estendendo al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina la competenza delle Dda, inclusa la disciplina delle intercettazioni preventive. L’articolo 4 istituisce le operazioni sotto copertura, con un fondo da un milione di euro annui, per il contrasto all’immigrazione. L’ultimo articolo, il numero 12, serve a disinnescare le accuse di Di Maio, che da settimane inchioda Salvini alla sua promessa, disattesa, di rimpatriare gli irregolari: viene istituito un fondo di premialità per le politiche di rimpatrio, 2 milioni di euro per il solo 2019, per «finanziare interventi di cooperazione o intese bilaterali» con stati extra Ue.

DALL’ARTICOLO 6 IL DECRETO passa a occuparsi di ordine pubblico, rendendo sempre più difficile manifestare il dissenso in piazza. Non solo viene punito da uno a quattro anni chi utilizza razzi, bengala, fuochi artificiali o petardi ma anche (da uno a tre anni) chi «utilizza scudi o altri oggetti di protezione passiva». Da due a tre anni, con l’ammenda da 2mila a 6mila euro, nei casi di resistenza a pubblico ufficiale. Infine, introduce un Commissario straordinario nominato dal Viminale per garantire le notifiche delle sentenze oggi ferme, con 800 assunti a tempo determinato, invadendo le competenze degli uffici giudiziari e del ministro della Giustizia.

CRISTINA ORNANO, segretario di Area (il gruppo delle toghe progressiste), ha duramente criticato il decreto: «La sanzione pecuniaria per i salvataggi si tradurrebbe in una grave violazione del diritto-dovere di tutelare la vita in mare e degli obblighi imposti dalle Convenzioni e dal codice della navigazione. Con l’articolo sulla Dda si rischia di depotenziare l’attività delle procure competenti». In quanto ai maggiori poteri attribuiti al Viminale: «È un ingiustificato esautoramento del Mit con una pericolosa espansione del concetto di ordine e sicurezza pubblica. Rispetto alle manifestazioni, introduce ipotesi di responsabilità oggettiva non consentite dall’ordinamento e sanziona condotte di mera partecipazione in violazione del diritto costituzionalmente di riunirsi e manifestare».

L’ONU IERI È TORNATA a chiedere il ritiro del decreto: «Il diritto alla vita e il principio di non respingimento dovrebbero sempre prevalere sulla legislazione nazionale». E ancora: «Esortiamo le autorità a smettere di mettere in pericolo la vita dei migranti, compresi i richiedenti asilo e le vittime della tratta. Le politiche migratorie restrittive contribuiscono ad aggravare le vulnerabilità dei migranti e servono solo ad aumentare il traffico di persone».

L’Onu ha chiesto anche il ritiro delle precedenti direttive che vietano l’accesso ai porti italiani alle Ong: «Temiamo che questo tipo di retorica aumenterà ulteriormente il clima di odio e di xenofobia».

CONTRARIE ANCHE le organizzazioni del Tavolo per l’Asilo nazionale: «Il governo, negando l’esistenza della guerra in Libia, continua nell’intento di impedire qualsiasi fuga. Colpisce chi risponde all’obbligo di soccorso con multe per comportamenti coerenti con l’ordinamento giuridico e con i principi costituzionali».

PER MEDICI SENZA FRONTIERE si tratta di una grave aggressione ai principi umanitari: «Ieri c’erano la legge del mare e le convenzioni internazionali sui rifugiati. Oggi servono un magistrato, un sequestro, ripetuti e inascoltati appelli per dare un porto a chi ne ha diritto».