Domani, domenica 11 agosto, in Guatemala si voterà per scegliere il presidente della Repubblica che sostituirà l’ex comico eletto a capo dello stato nel 2015 Jimmy Morales.

Al ballottaggio si presentano Sandra Torres, leader di Unidad Nacional de la Esperanza (Une), la più votata al primo turno nonostante un’inchiesta per finanziamenti illeciti per la perdente campagna elettorale di quattro anni fa; e il medico Alejandro Giammattei, candidato del partito di destra Vamos e che già nel 2007, 2011 e 2015 ha partecipato alle presidenziali.

Secondo il giornalista guatemalteco Asier Vera, «in Guatemala si ha la sensazione che si deve scegliere tra il male e il peggio considerando che i due candidati non risolveranno i problemi strutturali del paese in materia di corruzione, povertà, diseguaglianza e violenza».

In un paese il ricordo di una delle dittature più feroci del secolo scorso è ancora viva, Asier Vera sostiene «che non funziona nulla. Il problema principale è la povertà che colpisce più del 50% della popolazione, percentuale che supera il 70% nelle comunità indigene. Poi ci sono le diseguaglianze, la violenza che lascia morte 4.500 persone all’anno, la corruzione endemica che aggredisce tutti i settori sociali, l’impunità, i femminicidi, il milione di minori obbligati a lavorare invece che andare a scuola. Così un minore su due soffre di denutrizione cronica».

In questo scenario tetro «sia Torres che Giammattei fanno promesse che mai potranno realizzare. Non parlano poi della mancanza di medicine negli ospedali, né di come impedire che le pandilla (gang) continuino a governare interi quartieri tramite l’estorsione, e nemmeno come porre fine alla corruzione che dissangua il paese. Come non affrontano il tema delle conflittualità sociali che nascono a causa del saccheggio di risorse naturali da parte di imprese nazionali e transnazionali».

Sul futuro presidente del paese peserà l’accordo migratorio imposto da Trump all’uscente Morales e che obbligherebbe il Guatemala, come paese sicuro, a ospitare i migranti che attendono la risposta dal governo Usa sulla loro possibilità di accedere legalmente negli States. Di fatto uno spostamento a sud della frontiera degli Stati uniti.

Vera, che lo scorso anno ha vissuto per diverso tempo la grande carovana che nello scorso autunno ha attraversato il centro America cercando di entrare nel paese dalla bandiera a stelle e strisce e ha realizzato un prezioso lavoro di cronaca, segnala che «questo giovedì Nancy Pelosi, presidentessa della Camera Usa, è stata nel paese centro-americano per diversi incontri sul tema migratorio» e puntualizza come «per ora» l’accordo «non ha cambiato nulla non essendo entrato in vigore: la Corte Costituzionale, seguendo il ricorso del procuratore dei diritti umani, Jordan Rodas, ha bloccato il processo che vuole trasformare il Guatemala in terzo paese sicuro fino all’approvazione da parte del congresso del trattato».