Chiuso il «contratto di coalizione» con la cancelliera Merkel e il premier bavarese Seehofer, Martin Schulz si prepara al voto che stabilirà la sorte della nuova alleanza di governo, al pari della sua carriera politica come leader della Spd.

Domenica prossima al World Conference Center di Bonn il congresso straordinario dovrà ratificare l’accordo che vincola il partito alla convivenza con l’Union per i prossimi quattro anni. E i delegati decideranno se premiare il «lavoro eccezionale» rivendicato da Schulz o bocciare il compromesso in chiave social-democristiana firmato giovedì notte.

È il penultimo ostacolo nella corsa verso la Groko-3 – così il nickname della terza Grosse Koalition – che combacia come un calco con il governo Merkel-IV immaginato a novembre dal presidente della Repubblica. Prima dell’ultima parola affidata al risultato dei referendum confermativi di febbraio, cui parteciperanno gli iscritti dei tre partiti.

Per questo da ieri mattina nel quartier generale berlinese Spd sulla Wilhelmstrasse è partita la campagna elettorale per convincere la “base” della bontà del contratto stipulato con la cancelliera.

Sei giorni appena per far digerire la svolta definita «impensabile» solo quattro mesi fa e basata, in buona sostanza, sullo “scambio” sul fronte dei migranti (limite a 220mila ingressi l’anno in cambio di mille ricongiungimenti al mese).

Spicca l’attivismo della governatrice della Renania-Palatinato Malu Dreyer, fino a ieri contraria all’alleanza con la Cdu e ora pronta a sostenere il nuovo patto con Mutti-Merkel: «Non era la mia prima scelta, ma siamo riusciti a costruire un’ottima base per la coalizione».

E sulla stessa onda surfa l’influente sindaco di Amburgo – e vicepresidente Spd – Olaf Scholz secondo cui «l’accordo generale è ben equilibrato». Mentre si levano gli appelli anche del premier della Bassa Sassonia Stephan Weil (ad Hannover già governa con la Cdu) e della capogruppo al Bundestag Andrea Nahles che, fuori di propaganda, lascia intendere quale sarà il piano della discussione al congresso il 21 gennaio: «Personalmente, la vedo come un dare e avere tra noi e Merkel. E ho già fatto un elenco dei punti in cui abbiamo oltrepassato la “soglia del dolore”».

Realpolitik necessaria, e pure obbligata dagli scarsi margini di manovra a disposizione. Ma i dirigenti Spd dovranno comunque spiegare ai delegati perché hanno barattato con l’Union la riforma fiscale fondata sull’equità – promessa prima del voto – e accettato il “tetto” sui profughi a beneficio (della campagna elettorale per il voto in Baviera) del leader Csu Horst Seehofer.

Nell’attesa i socialdemocratici fanno sapere che non abbandoneranno il tema dell’«assicurazione civile» e che le 28 pagine del «contratto di coalizione» rappresentano la cornice di un quadro i cui dettagli sono ancora tutti da stabilire. «Ci sarà bisogno di ulteriori discussioni con Cdu e Csu non appena si scenderà nel vivo dei particolari dell’accordo» è la verità confermata nei corridoi della sede centrale Spd.

Nei fatti, per adesso, l’intesa costruita dai tredici politici delle delegazioni Cdu, Csu e Spd sta in piedi soprattutto grazie alla fiducia reciproca. La stessa che i dirigenti vicini alla “linea-Schulz” cercano di infondere a funzionari e iscritti.

«L’accordo non mi convince, nonostante alcuni successi» scandisce Johanna Uekermann, classe 1987, fino a novembre numero uno dei giovani Spd (Juso). La linea dell’attuale presidente Kevin Kühner è esattamente la stessa, con l’aggiunta della delusione per la gestione del tavolo politico: «Mi sarei aspettato non si rendesse così facile la vita a Merkel».

Certo non è il caso della sezione Juso della Sassonia-Anhalt che ha organizzato una convention “volante” contro la riedizione dell’alleanza con Merkel. Né della mozione dei giovani dirigenti Spd che sul punto si esprimono così: «Nessun governo affidabile con l’Union. La Grande coalizione rafforza solo il populismo».

Non basterà, salvo sorprese, a bloccare il compromesso social-democristiano tra Schulz, Merkel e Seehofer. Ma rimane comunque all’attenzione dei delegati del congresso straordinario di Bonn di domenica prossima.