Chiara Gribaudo, deputata Pd, vicepresidente della commissione Lavoro. La ministra Calderone vuole liberalizzare i contratti a termine per estenderne l’uso.

Sbaglia, perché in un paese con questo tasso di precarietà e con salari così bassi i contratti a tempo andrebbero fatti costare di più e limitati al massimo ad un anno, come in Spagna. Io non demonizzo questo tipo di contratti, che rispetto ad altre forme precarie prevedono più diritti e tutele, ma non c’è alcuna ragione per estenderli.

Il M5S provò a limitarli con il decreto Dignità nel 2018. E ora annuncia barricate contro la riforma.

Non condivido la loro posizione difensiva. Quel decreto ha prodotto l’effetto opposto a quanto desiderato: ha fatto aumentare il turn over, gli stage e i contratti intermittenti. Introdurre rigide causali non ha funzionato, l’obiettivo della stabilizzazione dei rapporti di lavoro non è stato raggiunto.

Il Pd però con il decreto Poletti era stato autore di una prima forte liberalizzazione, che ora il governo Meloni vuole replicare.

Il decreto Poletti fu un errore del Pd. L’obiettivo era far ripartire l’occupazione in un momento di recessione. Ma le maglie furono allargate troppo.

Poi è arrivato il Jobs Act. Lo avete rinnegato o no?

Certamente quell’impianto non è adeguato all’Italia di oggi e credo che sui licenziamenti senza giusta causa andrebbero reintrodotte maggiori tutele. Su questo come deputati Pd della commissione Lavoro ci eravamo battuti anche ai tempi del governo Renzi, chiedendo più di una correzione. Però ricordo che l’articolo 18 era già stato sostanzialmente abolito dal governo Monti, e in quel provvedimento c’erano anche cose positive come le norme contro le dimissioni in bianco e le false partite Iva. Sulle politiche attive del lavoro c’erano buoni propositi, ma non si investirono i soldi necessari. L’errore di Renzi fu puntare tutta l’attenzione sui licenziamenti per far contenti la Merkel e Marchionne, ma così facendo abbiamo rotto con una parte del sindacato e fatto sentire una parte del mondo del lavoro più sola.

Cosa farete quando le nuove norme del governo Meloni arriveranno in Parlamento?

Faremo certamente opposizione sull’estensione della durata dei contratti a termine. Quanto alle causali, ci batteremo perché non vengano abolite ma affidate alla contrattazione collettiva.

Lei sostiene Elly Schlein al congresso. Il nuovo Pd in cosa deve essere diverso sul lavoro?

Non credo che la discussione oggi debba essere sull’articolo 18, ma su un nuovo statuto dei lavori. Ora la priorità sono il salario minimo, l’eliminazione degli stage extracurricolari che diventano forme di sfruttamento, l’abuso della false partite Iva, le cooperative spurie che puntano sui bassi salari, i subappalti. E una legge sulla rappresentanza che misuri il peso delle organizzazioni sindacali e datoriali in modo da evitare la giungla dei contratti pirata. Come vede ci sarebbe molto lavoro da fare, e partire da una liberalizzazione dei contratti a termine significa non aver capito nulla delle emergenze del mondo del lavoro.

Qual è la formula più efficace sul salario minimo?

Credo che nella scorsa legislatura il ministro Orlando avesse trovato un’ottima mediazione per partire con un salario minimo dove non ci sono contratti collettivi di riferimento. Su questo ci batteremo anche in questo Parlamento, pur sapendo che siamo minoranza.

Si parla spesso di un Pd che deve farsi perdonare molto dai lavoratori.

Insisto, l’elemento negativo della leadership di Renzi ha molto influenzato la discussione. Ricordo però che i voucher, che Meloni ha subito reintrodotto, li avevamo aboliti noi con Gentiloni.

La «flessibilità» citata in positivo dalla ministra Calderone per voi è ancora un valore?

L’errore è stato puntare su un sistema di flexsecurity che alla fine non aveva alcun elemento di sicurezza per i lavoratori. L’obiettivo oggi è estendere le tutele e i diritti a chi non ne ha, come abbiamo cercato di fare con i lavoratori dello spettacolo. E con la legge sulla parità salariale che ora deve essere attuata.

Schlein dice di fare come in Spagna.

Sono d’accordo sull’accorciare i contratti a termine, ricordo però che in Spagna c’è ancora più precarietà che da noi e che chi viene licenziato ha un risarcimento più basso, inferiore anche a quello previsto dal Jobs Act. Quel modello va adattato all’Italia.