Diciotto giorni prima del voto destinato a cambiare il volto di Bruxelles, Berlino si risveglia politicamente schiacciata tra l’urto dei nazional-populisti e la spinta degli ecologisti. Il sondaggio pubblicato ieri mattina dall’istituto Insa è uno choc per la Grande coalizione come per metà dell’opposizione al Bundestag.

I tre partiti del governo Merkel, in carica ufficialmente fino al 2021, restano inchiodati al minimo storico del consenso e non rappresentano più la maggioranza degli elettori. Mentre i liberali di Fdp sono bloccati sotto il livello delle ultime elezioni e la Linke prova con fatica a mantenere gli elettori di due anni fa.

Un trend gradito solamente nella segreteria dei Verdi dilaganti in tutti i Land del Paese, oppure nella sede centrale di Alternative für Deutschland dove i dirigenti festeggiano la cifra che supera di tre volte la soglia di sbarramento che ha tenuto il Parlamento per quarant’anni a riparo dall’ultra-destra.

NULLA IN GERMANIA è come prima. In compenso, nella Bundesrepublik, tutto rimane uguale a sempre. Nel cono d’ombra dei riflettori concentrati sulla campagna per le elezioni europee (o sulle mancate fusioni bancarie) l’attenzione dei politici tedeschi resta incollata all’ombelico dei partiti alle prese con i consueti problemi. Fa rumore per i toni, i modi, i milioni di spettatori prima ancora che per le dichiarazioni, la baruffa mediatica tra la “vecchia-guardia” e il “nuovo-corso” nel partito socialdemocratico. Ma si sentono eccome anche i contraccolpi della gestione di Annegret Kramp-Karrenbauer (Akk) che prova a tenere insieme tradizione e modernità, in termini di voti nell’urna.

A tal proposito a Berlino risulta nitida a chiunque la fotografia demoscopica scattata giusto 48 ore fa. L’Unione di Cdu-Csu rimane saldamente il primo partito con il 28,5% delle preferenze (era 30,2% alle ultime elezioni) mentre i Verdi balzano al secondo posto con il 20% (dall’8,9 nel 2017) davanti alla Spd scivolata a quota 16% (dal 20,5%). Appena due punti davanti all’ultra-destra di Afd che in due anni è passata dal 12,6 al 14%. I liberali di Fdp, invece, viaggiano intorno al 9% (dal 10,7) e la Linke si attesta all’8,5% (9,2).

Vengono da qui i sottili equilibri sul filo delle linee politiche, mai così messe alla prova dalla realtà dei fatti che impone la responsabilità di scelte nette. Come la decisione su Viktor Orbàn assunta da Akk nelle vesti di prima azionista del Ppe.

«Il suo comportamento nei giorni scorsi e l’incontro con il leader della Lega Matteo Salvini è un chiaro segnale che a breve lascerà il nostro Gruppo. Il suo partito è già sospeso e non potrà più partecipare a nessuna decisione del Ppe» riassume Akk. Lunedì anche Manfred Weber, spitzenkandidat dei popolari a Bruxelles, aveva mollato ufficialmente il premier ungherese: «Non diventerò il presidente della Commissione Ue con i suoi voti, come del resto lui stesso ha ribadito alla conferenza di Budapest».

MA LA “DELFINA” di Merkel è chiamata anche a rispondere dei quesiti imposti dalla società sempre più avanzata dei partiti che la rappresentano: «La tassa sulla CO2? Possibile». Mentre nel discorso «generazionale» anticipato ieri da Der Spiegel ribadisce come «non può essere che la Cdu resti esclusa dal dibattito sulle grandi questioni del nostro tempo. Certo ogni proposta deve tener conto della situazione economica, ma anche della Storia. Chi ha recentemente visitato Berlino ha potuto notare i servizi igienici per il terzo sesso. Dobbiamo pensare anche a questo».

RIVOLUZIONE, per ora solo sui media, esattamente come gli alleati Spd. Dalla tribuna di Anne Will, il più popolare talk-show della tv pubblica, Kevin Kühnert, presidente dei Giovani socialisti (Juso), ha piantato il dito nella lacerazione in campo socialdemocratico. Nazionalizzare Bmw e Daimler e sanzionare pesantemente chi emette agenti inquinanti, nel partito restano due idee fuori linea. Glielo ha fatto notare senza mezzi termini l’ex segretario Sigmar Gabriel prendendo le distanze da dichiarazioni che non collimano. «Rispetto il diritto degli Jusos alle opinioni radicali ma non rappresentano il punto di vista della Spd». Scambio dialettico come altri, se non fosse che di mezzo ci sono i Consigli di fabbrica. «Se negli stabilimenti di auto suggeriscono di non votarci allora Kühnert è dalla parte del torto. Quando ero segretario non è mai successo».

Con o senza di Gabriel continua, invece, la vecchia politica della Groko nella sua forma più letale. Ieri Linke e Verdi hanno denunciato la «Relazione sul disarmo» appena approvata dal Bundestag. Documento firmato dal ministro degli esteri Spd, definito «ipocrita» dalla deputata della Sinistra Sevim Dagdelen: «Non parla affatto del ruolo distruttivo delle consegne di armi alle dittature»